La seconda dominazione persiana è molto diversa dalla prima. I Gran Re entrano in violento conflitto con gli Egizi, cominciano a spogliare sistematicamente il paese e sono accusati di mangiare animali sacri. Un saggio di Ermopoli, Petosiris, ha lasciato alcune testimonianze su quest'epoca di desolazione; la sua tomba-tempio, dove in alcune scene si individua un' influenza tipicamente greca, reca incise belle iscrizioni, dove egli esprime la sua fede nel dio. Nelle vicinanze, la grande necropoli di Tunah el Gebel, con vaste installazioni destinate agli ibis e ai babbuini e immensi corridoi sotterranei dove sono riposte le mummie di questi animali sacri al dio Thot, attesta l'importanza di un clero bigotto che, tramite la zoolatria, ricrea un culto più egizio e più particolarista di quanto non sia mai stato. Nel 333 Alessandro Magno batte Dario III Codomano a Isso e, dopo gli assedi di Tiro e di Gaza, giunge in Egitto. Velocemente si addentra nel profondo Deserto libico, nell'oasi di Siwa, per consultare suo “padre” Amon, giacché il culto del dio cornuto era penetrato fino in Macedonia. Nel Nord dell'Egitto fonda Alessandria per facilitare le comunicazioni sia verso il Mediterraneo sia, al di là del Mar Rosso, verso l'Estremo Oriente. All'Egitto egli appare come un faraone e viene incoronato a Menfi. Numerose scene incise nei templi ce lo mostrano in atto di compiere i riti cultuali, così come sarà raffigurato il fratellastro Filippo Arrideo, che gli succede nel 323, e poi, dal 317 al 311, Alessandro, suo figlio. Ma l'Egitto faraonico non si arresta in quel momento. Dopo Tolomeo I Sotere (306-286), generale macedone divenuto signore della valle del Nilo, i Lagidi continueranno a essere faraoni, come lo saranno i Cesari romani.
La storiografia, che si basa essenzialmente sulle fonti classiche, greche e poi latine, ci parla dell'Egitto prima come facente parte dei regni ellenistici e poi come di una provincia dell'impero romano. Ma chi si interessa all'arte egizia deve porsi su un piano diverso; si tratta qui di un autentico capitolo della storia dell'arte faraonica. Sulla scia dei Nectanebo, l'arte tolemaica dà vita, nei momenti più felici, a uno stile pieno di fascino. La decorazione del tempio di Behbeit el Hagar viene completata. Mentre ad Alessandria si sviluppa una religione composita, nella quale Serapide incorpora moltissimi caratteri dell'antico Osiride e Iside è raffigurata come una sorta di Venere o di Demetra classiche, nelle impressionanti gallerie del Serapeum di Menfi si allineano, regolarmente, le enormi vasche dei tori Api.
Si giunge a considerare sacre intere specie di animali. Immense necropoli sotterranee nascondono centinaia di migliaia di spoglie mummificate di tori, di arieti, di gatti, di falchi e di ibis. Sotto uno degli ultimi Tolomei, un romano che aveva ucciso un gatto, fu massacrato dalla folla. In tutti i piccoli santuari locali i sacerdoti ricopiano i loro libri ermetici e i loro testi magici in demotico, evocando strane pratiche. Stele più o meno grossolane, innumerevoli statuette e amuleti attestano il fervore popolare.
Bisognerebbe forse seguire più analiticamente l'evoluzione delle idee e dei costumi dell'ambiente egizio e non limitarci a quel che la documentazione dei papiri greci ci fa conoscere intorno ai coloni greci o alla popolazione ellenizzata. Una tappa è segnata dal regno di Tolomeo IV (221-203) e dalla battaglia di Rafia, che sottolinea l'importanza degli elementi indigeni dell'esercito. A ogni modo il ruolo degli dei egizi rimane immenso. Il faraone, sia egli macedone sia, più tardi, romano, deve tributare loro il culto. Il fervore architettonico abbandona il Delta. Come i grandi culti tradizionali, l'arte propriamente egizia si rifugia nell'Alto Egitto. Durante quasi due secoli (237-57) a Edfu, si prosegue la costruzione e la decorazione di un enorme tempio di pianta molto regolare, lungo 137 m, il cui pilone raggiunge i 35 m di altezza, che è consacrato a Horus, il dio nazionale e dinastico per eccellenza.