Scritto da Hotepibre
Bastet, dea Lunare dell'amore; è rappresentata come gatta o come antropomorfa con testa di gatta. Assurse a particolare fama nel periodo libico, quando Bubasti divenne capitale. Ad indicare che anche il rapporto amoroso è, fondamentalmente, un conflitto, valga l’antico detto: "Non si accarezza Bastet prima di aver affrontato Sekhmet" (dea della guerra) Gli Antichi Egizi tenevano in grande considerazione questo animale; gatta era la Dea Bastet e la stessa Sekhmet, sua sorella, era pur sempre un felino, una leonessa.
Clicca qui per scaricare il PDF di Hotepibre sui gatti nell'antico Egitto (nel contesto originario di risposta ad un utente di un forum ormai chiuso) Se la prima, Bastet, era una divinità legata alla fertilità ed alla chiaroveggenza, alla seconda, Sekhmet, si imputavano poteri di preveggenza. L’amore per i gatti degli Antichi Egizi ha, molto verosimilmente, un’origine pratica: la moneta verrà introdotta nel paese solo durante la XXVI Dinastia (600 a.C.) e, fino ad allora, ogni sorta di pagamento avveniva in natura; la stessa gestione statuale avveniva mediante immagazzinamento e ridistribuzione dei raccolti. E quale era la merce di scambio più preziosa? Ma il grano! È chiaro! …e dove c’è il grano cosa prospera? Esatto, proprio i topi! …e chi è il nemico peggiore dei topi e, contemporaneamente, non è ghiotto di grano e può quindi liberamente vivere all’interno dei silos?
Come si vede, la presenza dei felini aveva, prima di tutto, un’utilità pratica che era comunque connessa addirittura alla sopravvivenza giacché un raccolto distrutto dai topi avrebbe significato la carestia per gli esseri umani. Di qui, dalla salvaguardia della vita umana che garantivano con la loro opera, a considerare i gatti come sacri il passo è breve e l’uccisione di un felino prevedeva pene severissime mentre la morte di un gatto domestico comportava un periodo di lutto che iniziava con la rasatura delle sopracciglia.
A riprova del legame tra la presenza del gatto e l’avvento del danaro considera che, verso la fine del periodo imperiale egizio, quando ormai la moneta era entrata nell'uso comune, i gatti acquistarono sempre minor “valore” e, dimenticata evidentemente la meritoria opera eseguita nei millenni precedenti, si cominciò (e qui sono certo inorridirete) a sacrificarli proprio in onore della Dea Bastet. È ovvio che il numero di piccoli animali sacrificati era direttamente proporzionale alla ricchezza dell’offerente e ciò giustifica la presenza di migliaia e migliaia di piccole mummie di tali animali che si ritrovano nei depositi templari.
Si ritiene, e le perizie radiografiche lo confermano, che il sacrificio –a cura dei sacerdoti di Bastet- avvenisse mediante lo stordimento dell’animale e la successiva frattura delle vertebre cervicali. Gli stessi sacerdoti procedevano poi, sotto compenso, si intende, all’imbalsamazione non disdegnando, verosimilmente, di “truffare” il cliente fornendo, addirittura, false mummie; sono state infatti radiografate mummie che solo esternamente sembrano gatti, ma che, internamente, …non contengono niente se non pezzi di stoffa e stracci sagomati. Una piccola digressione e curiosità, riguarda la razza dei gatti egiziani; si trattava, verosimilmente, di quelli che oggi sono chiamati “abissini” e che, in realtà, in Abissinia (l’attuale Etiopia) invece proprio non esistono…
Narra Erodoto, il solito Erodoto, che Cambise, ben conoscendo l’amore degli egizi per i gatti, quando decise di invadere l’Egitto, nel 525 a.C., si trovò dinanzi l’esercito nemico e pensò bene di far tenere in braccio ai suoi uomini… proprio dei gatti e gli egizi, pur di non far male agli animali sacri, avrebbero ripiegato senza colpo ferire. Ma sopra abbiamo parlato di Bastet, la gatta, e di sua sorella Sekhmet, la tremenda leonessa, dea della guerra, ma anche delle guarigioni (basti pensare che i medici egiziani si distinguevano in “senu”- ovvero medici che avevano studiato- e “uab”; questi ultimi altro non erano se non i “sacerdoti di Sekhmet” ovvero medici che curavano con la “magia”. Ulteriori informazioni su queste due figure si possono trovare in altri documenti sulla medicina dell’Antico Egitto. Sekhmet, "la possente", era, a sua volta, la controparte di Hathor (Dea dell’amore, della danza e della musica), e rappresentava il calore mortale del sole.
Narra la leggenda che Ra, sovrano di un mitico regno terrestre con capitale ad Heliopolis, e successivamente Dio solare per eccellenza ("Le sue ossa sono d'argento , le sue carni d'oro, i capelli lapislazzuli"), viaggiava nel cielo sulla barca Mandet di giorno e Meskat di notte. Ma il vecchio Re Dio scoprì che gli uomini erano ingiusti e che stavano complottando per ucciderlo; per punirli chiamò allora Hathor e la trasformò in Sekhmet ordinandole di compiere strage del genere umano. Ma Sekhmet sfuggì al suo controllo e avrebbe perciò sterminato l’intero genere umano se il Re Dio non fosse ricorso ad uno stratagemma: mescolò birra e succo di "didi" (una bacca rossa forse con effetti stupefacenti) e ne cosparse i campi. Sekhmet, credendo che il liquido rosso fosse sangue ne bevve sino ad ubriacarsi e, addormentatasi, si dimenticò degli uomini. Bubastis o anche Per-Bastet, “Casa, o dominio, di Bastet” (l’attuale Tell Basta) si trova a circa 80 Km dal Cairo sul ramo orientale del Delta nilotico. Famosa fin dalla 4ª Dinastia (2600 a.C.) e sino alla fine del periodo romano (400 d.C.), Bubasti fu capitale del 18° nomo del Basso Egitto (ricordo che il Basse Egitto è a nord e l’Alto a sud…) ma alcuni re anche della precedente 2ª Dinastia si legarono alla città ed al suo tempio di Bastet. La città raggiunse la sua massima importanza durante la 22ª e 23ª Dinastia (detta appunto Bubastide), durante il 3° Periodo Intermedio, quando ben quattro Dinastie faraoniche si sovrapposero (XXII – XXIII – XXIV - XXV). Nonostante alcuni studiosi intendano altrimenti, la Capitale verosimilmente restò Tanis, ma Bubasti acquistò maggiore rilevanza per la presenza di Re locali come Osorkon I. Venne distrutta da Cambise durante l’invasione persiana che diede inizio alla XXVII Dinastia (detta, appunto, 1ª Persiana), ma venne ricostruita successivamente.
Ma è chiaro che in una trattazione relativa ai gatti, ci stiamo interessando di questa città solo perché ospitava il maggior tempio della Dea Bastet [BASTET - divinità egizia].
Erodoto ci dice che il pellegrinaggio al tempio era compiuto, ogni anno alla fine di ottobre, da 700mila uomini e donne e la descrizione che fa del pellegrinaggio sottolinea che si trattava di un viaggio festoso “…alcune donne suonano sistri ed alcuni uomini suonano flauti per tutta la durata del viaggio mentre gli altri battono le mani… quando si fermano nelle città… alcune donne danzano ed altre fanno scherzi. ...quando giungono a Bubastis inizia la festa con grandi offerte e sacrifici durante i quali consumano più vino che non in tutto il resto dell’anno”.
E’ tuttavia interessante rammentare anche che in origine, e così risulta dai “Libri delle Piramidi”, la più antica Dea gatta si chiamava Mafdet e viene descritta nei testi sopra indicati mentre sbrana un serpente. Più nota in tutto il mondo resta, comunque, Bastet (nota anche come Bast, o Ubasti, o anche Pash) quale divinità familiare protettrice della musica, della danza, del piacere, della fertilità, delle nascite e, in quanto rappresentazoine dell’Occhio di Ra, dell’alba. Come sopra abbiamo visto, inoltre, Bastet e Sekhmet sono due facce della stessa medaglia tanto che, fondamentalmente, esse rappresentano le forze della natura e non si può considerarne una senza considerare l’altra.
In defnitiva, in una sorta di riassunto di quello che ho sin qui scritto, sappiamo che i gatti furono addomesticati in Egitto, partendo dai c.d. gatti del deserto (ancora oggi esistenti), fin almeno dal 2000 a.C.
La parola che indicava il gatto era “miu”, oppure “mii”, quasi un suono onomatopeico, con evidente riferimento al miagolio.
Verosimilmente i gatti egizi “originali” derivavano dal gatto selvatico (felis silvestris lybica) dal mantello giallo e grigio facilmente mimetizzabile tra le rocce e la sabbia del deserto; questo felino si ciba di serpenti (anche velenosi) ratti e topi, tutti animali, come abbiamo sopra visto, particolarmente pericolosi per l’uomo vuoi direttamente (come i serpenti) vuoi indirettamente (come i topi).
Le prime rappresentazioni di gatti, quali "membri" della famiglia, risalgono al Nuovo Regno, ovvero circa 500 anni dopo il loro addomesticamento, sia in scene di caccia nelle paludi che in scene prettamente domestiche con il gatto sdraiato su sedili tipicamente femminili.
Molti nomi, specialmente femminili, derivavano dall’amore per i gatti; così non erano inusuali nomi come “Miut” o “Mit”. A riprova, inoltre, dell’apprezzamento di cui godevano presso gli egizi, si consideri che dagli antichi testi sapienzali risulta che se un uomo sogna un gatto, vuol dire che il raccolto sarà ottimo. Tuttavia, i gatti erano apprezzati anche per l’alone di mistero che è insito nel loro essere e, come più sopra abbiamo visto che Cambise ha approfittato dell’amore per i gatti degli antichi egizi per vincere una battaglia, è altrettanto vero che una leggenda narra che nel corso di un’antica battaglia, l’esercito egizio liberò una gran moltitudine di gatti lanciandoli verso il nemico che, non avendo mai visto queste “mostruose” creature, si sarebbe dato alla fuga precipitosamente. Bracciali, pendenti da collana, pettorali, orecchini ed ogni altro monile, maschile ma specialmente femminile vennero realizzati dai migliori artisti-artigiani egizi giacché portarne indosso l’immagine era di buon auspicio. Analogamente, o più collegata alla sensualità felina, la scelta delle donne di porta cosmetici e specchi pure dedicati al gatto.
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