Sembra finalmente risolto il mistero della grande Sfinge a guardia dell’area cimiteriale e sacra a Giza. Uno studio assai accurato dell’egittologo Vassil Dobrev (Institut Français d’Archéologie Orientale del Cairo) conferma con ragionevole certezza quanto alcuni studiosi avevano già intuito ed espresso senza grande considerazione da parte del milieu scientifico: fu Cheope (Khufu), sovrano che regnò dal 2551 a. C. al 2528 a. C. e massimo costruttore dell’Antico Regno, a far erigere il monumento dal corpo di leone e dal volto umano.
"Infatti – spiega Dobrev – la costruzione fu probabilmente ricavata da un affioramento di roccia presente nella zona delle cave delle pietre usate per la costruzione di alcune parti della stessa piramide di Cheope. Non è certo una coincidenza: indica una contemporaneità di sfruttamento della stessa fonte litica". Altri elementi probanti messi in evidenza dall’archeologo transalpino sono gli studi stratigrafici, che consentono una datazione assoluta della Sfinge, ricavata dalla comparazione con strati databili; la posizione della Sfinge e la sua orientazione in rapporto alla piramide di Cheope: "Il monumento si troverebbe all’inizio o a un punto determinato di una via sacra, che porta proprio alla piramide di Cheope e che gli ultimi sondaggi degli archeologi hanno rivelato con certezza", annuncia Dobrev; infine considerazioni di natura estetica sulla pettinatura, sulla larghezza del mento, la forma delle orecchie e sulla barba da cerimonia confermano in modo incontrovertibile le intuizioni dello studioso di Parigi.
L’ipotesi di Dobrev si completa con la ragionevole supposizione che il faraone Cheope non abbia assistito all’ultimazione della statua mitologica e che essa sia stata portata a termine dal figlio Djedefra (Radjedef): costui fu il fratellastro di Chefren e titolare di una piramide incompiuta Abu Rawash, a nord di Gizah; Djedefra avrebbe dato compimento alla Sfinge per glorificare il padre Cheope e per legittimare il proprio ruolo di successore (governò l’Egitto dal 2528 a. C. al 2520 a. C.).Da più di un secolo il volto raffigurato era stato attribuito a Chefren (sovrano, che regnò dal 2520 a. C. al 2494 a. C.) sulla base di presunte e mai totalmente convincenti rassomiglianze con una statua dello stesso faraone conservata al Museo Egizio del Cairo.L’imponente costruzione – lunga 73 metri, larga 6 e alta 20 e oggi sotto restauro – giacque lungo tempo insabbiata: venne liberata temporaneamente dal futuro faraone Tuthmosis IV (sul trono dal 1398 a. C. al 1388 a. C.).
Ce ne informa una stele trovata tra le zampe dell’animale: l’iscrizione racconta che Tuthmosis IV avrebbe sognato il dio Sole Ra-Hrakhte, nell’atto di garantirgli il regno se avesse liberato la sua statua dalla sabbia: così fece e divenne faraone. In seguito la costruzione mitologica fu coperta da sabbia eolica, almeno fino al 1817, quando l’archeologo Giovan Battista Caviglia la ripulì.
Nel 1925 venne reso visibile anche il piano calpestato tutt’attorno e iniziarono scavi sistematici del contesto archeologico della costruzione sempre meno misteriosa: sembra che sondaggi moderni abbiano rivelato, ma non ancora spiegato, la presenza di 4 cunicoli nella sua struttura.
Danni irreversibili le sono stati provocati nella sua esistenza millenaria: uno storico arabo del XIV rivelerebbe che il naso fu cannoneggiato dai mamelucchi durante il periodo ottomano; e l’erosione eolica e l’umidità proveniente dalla vicina falda acquifera avrebbero provocato quelle tracce di erosione, che porterebbero la fantasia di alcuni pseudoarcheologi a datare il monumento a un periodo precedente all’ultima glaciazione (10.500 anni orsono).
Ma ora i nuovi studi indicano Cheope come costruttore di “Abu el Hol” (“Il padre del terrore”, così gli arabi chiamano la sfinge) e spiazzano definitivamente gli esoteristi, latori di teorie strampalate.
Articolo dell'egittologo Aristide Malnati - Il sole24ore