La prematura morte di Tutankhamon, costrinse la Corte al reperimento in tempi molto ristretti del luogo di sepoltura. Si ritiene che la tomba destinata al giovane Re fosse, in realtà, quella oggi contrassegnata dalla sigla WV23 (West Valley 23) occupata poi dal successore di Tutankhamon, Ay, e che, di fatto, la KV62, che ospiterà il Re fino al 1922 (anno della scoperta da parte di Howard Carter) fosse stata predisposta proprio per quest’ultimo. La fretta si nota non solo nelle pareti scavate nella roccia e solo sommariamente sgrossate e “regolarizzate”, ma anche nelle dimensioni della tomba (meno di 20 m. nella sua dimensione maggiore) e nell’errato montaggio di alcune delle parti degli “scrigni” contenenti il sarcofago del Re.
A ciò si aggiunga che la sola stanza con decorazioni pittoriche è la Camera del Sarcofago (o Camera Sepolcrale) i cui dipinti, abbastanza convenzionali e semplici, eseguiti su uno strato di fondo di colore giallo, giustificano l’antico nome rituale di “Casa d’Oro”. La decorazione, che non è di molto dissimile da quella della tomba WV23 di Ay, occupa tutte e quattro le pareti con le scene orientate verso la parete ovest. I dipinti sono rovinati dalla presenza di piccoli funghi le cui spore furono probabilmente introdotte con l’intonaco o con le sostanze pittoriche alimentate, almeno in parte, dall’umidità interna essudata dall’intonaco stesso quando la camera venne chiusa.
In questa immagine ingrandibile e' possibile zoomare fino a un notevole livello di dettaglio il dipinto rappresentato sulla parete nord della famosa tomba del faraone Tutankhamon.
Parete Nord della tomba di Tutankamon
L’ampio dipinto della parete nord (purtroppo scuro, nella foto, nelle parti laterali) è suddivisibile in tre distinte scene ordinate da destra verso sinistra.
Nella prima scena, l’erede di Tutankhamon, l’anziano Ay, indossa la corona blu (il copricapo Pshent) e la pelle di leopardo del prete “Setem”, e rappresenta il “figlio primogenito” che deve eseguire il necessario rituale di rivivificazione su suo “padre”: l’apertura degli occhi e della bocca.
E’ singolare che, nel caso specifico, il “figlio primogenito”, ovvero Ay, abbia oltre 60 anni mentre il “padre” Tutankhamon ne avesse, al momento della morte, poco meno di 20. Qualcuno ha voluto vedere, proprio in questa scena addirittura un indizio di colpevolezza, nei confronti di Ay, quale mandante dell’omicidio del Re fanciullo.
Si vuole, infatti, che il rituale di apertura degli occhi e della bocca sul re defunto fosse appannaggio dell’”erede” al trono e non, quindi, di un altro Re che, secondo il rituale stesso, non poteva esistere fino a che il primo, defunto, non fosse divenuto Osiride transitando nell’aldilà. In questo caso, però, Ay sta officiando la cerimonia NON come “erede”, bensì già come Re ed infatti, sopra la sua testa, si può leggere (peccato per la qualità della foto in quel punto) il suo nome di incoronazione “Kheper-Kheperu-Ra”.
Ma torniamo all’esame del dipinto parietale; qui il giovane defunto appare come Osiride, Signore dell'aldilà, ed i nomi di entrambi i Re sono riportati in geroglifico sopra le rispettive teste.
Nella seconda scena, Tutankhamon, il cui nome nuovamente appare sopra la sua figura, indossa nuovamente gli abiti del re vivente poiché egli è ormai entrato nel regno degli Dei dove è accolto dalla Dea Nut.
Nell’ultima scena Tutankhamon, che indossa il copricapo Nemes ed è seguito dal suo “doppio”, il Kha, è accolto nell’aldilà, con un abbraccio, da Osiride, re dei defunti, con cui egli stesso si identifica.
Testo a cura di Hotepibre