La notizia della scoperta delle navi si diffuse nel mondo dell'egittologia e diede nuovo impulso alla ricerca di O'Connor delle cinte perdute dei primi re. Per ridurre l'area di ricerca, O'Connor e Adams chiesero aiuto a Tomasz Herbich, un archeologo polacco specializzato nel ritrovare rovine sepolte con un gradiometro di tipo fluxgate, un magnetometro che misura le minime variazioni del campo magnetico terrestre causate da de-terminati tipi di ossido di ferro sotto la superficie. «Questi ossidi sono presenti nel fango del Nilo», spiega Herbich. «E qual è il materiale principale utilizzato dagli antichi costruttori egizi? Mattoni di fango del Nilo essiccati al sole!».
Nel 2001, per una settimana, l'assistente di Herbich percorse su una griglia immaginaria più di 16 chilometri al giorno ed effettuò più di 80 mila misurazioni. Il rilevamento indicò la presenza di diverse piccole cappelle funerarie, ma nessun recinto. Poi, durante l'ultima ora che Herbich avrebbe passato sul campo, lo strumento trovò finalmente del fango regale. L'archeologo scaricò i dati sul portatile e, quando il software tracciò la mappa del rilevamento, gridò: «Abbiamo un recinto!». Adams e una piccola squadra si misero al lavoro per portare alla luce parte del recinto, ma la stagione di scavo volgeva al termine: ricoprirono tutto e tornarono a casa. Nel 2002 O'Connor chiese ancora ad Adams di andare ad Abido, questa volta per intraprendere uno scavo intensivo della nuova scoperta. Dopo un mese, Adams scoprì delle giare di vino e dei tappi che riportavano scritto il nome di Aha: la conferma che, finalmente, la sua cinta funeraria era stata trovata. Quando la squadra raggiunse il pavimento del recinto, scoprì sei tombe circostanti. Tre contenevano i corpi di donne adulte, una quarta i resti di un uomo e la quinta quelli di un bambino con 25 braccialetti adornati da collanine di lapislazzuli. La sesta tomba non è ancora stata scavata; ma finora, in ogni sepoltura, le testimonianze archeologi-che puntano in un'unica direzione: sacrifici umani.
«Le tombe erano state scavate, rinforzate con mattoni e poi coperte di legno. Il tutto era stato poi ricoperto da uno strato di mattoni di fango», spiega Adams. «Sopra la copertura di mattoni c'è un pavimento di gesso che si allarga a partire dal recinto e copre tutte le tombe». Il pavimento è privo di giunture: un indizio importante, perché esclude la possibilità che qualcuno sia stato sotterrato sotto il pavimento in momenti diversi.
È improbabile che 41 persone (le sei del recinto di Aha più le 35 presso la sua tomba) siano morte di cause naturali nello stesso momento. Un'altra possibilità è che siano morte nel corso del tempo e che siano state conservate e poi sepolte tutte insieme. Ma per O'Connor e Adams le prove a favore del sacrificio sono schiaccianti.
Come furono uccise? Petrie riteneva di avere visto nelle tombe dei segni di movimento successivi alla sepoltura, il che suggerirebbe che quelle persone fossero vive o semicoscienti quando furono interrate. Brenda Baker, anatomopatologa dell'Arizona State University, ha esaminato tutti gli scheletri del recinto di Aha e non ha trovato segni di traumi. «Il metodo con cui furono uccisi è ancora un mistero», dice Adams. «Io credo che siano stati avvelenati». Oppure strangolati, suggerisce Nancy Lovell, anatomopatologa dell'Università dell'Alberta. Lovell ha studiato i teschi rinvenuti nella tomba di Aha e ha scoperto delle macchie rivelatrici all'interno dei denti delle vittime. «Quando una persona viene strangolata», spiega, «l'aumento della pressione sanguigna può far sì che le cellule ematiche all'interno dei denti si rompano e macchino la dentina, la parte del dente sotto lo smalto».
A questo punto sembra chiaro che anche nell'antico Egitto, come in altre parti del mondo, venivano praticati sacrifici umani. Gli scavi effettuati da Sir Leonard Woolley negli anni Venti e Trenta a Ur, nell'attuale Iraq, rivelarono centinaia di tombe sacrificali risalenti al 2500 a.C. e collegate alla sepoltura di re e regine mesopotamici. Prove di sacrifici sono state trovate anche in Nubia, in America Centrale e in numerose altre culture antiche.
In Egitto però l'entusiasmo per questa triste pratica sembra essere svanito piuttosto in fretta. Le tombe secondarie di Aha sono le più antiche mai ritrovate; il suo successore Djer abbracciò questa pratica con fervore: più di 300 tombe affiancano il suo sepolcro e altre 269 circondano il recinto. Ma Qaa, l'ultimo sovrano della I dinastia, aveva meno di 30 tombe sacrificali accanto alla sua, anche se la sua cinta non è ancora stata trovata. E con la II dinastia questa pratica venne completamente abbandonata. O'Connor pensa che questo sia avvenuto a causa della ribellione dei cortigiani. «Vi è la convinzione diffusa che gli Egizi si stessero civilizzando e perciò i sacrifici si interruppero; ma secondo me, quest'idea è frutto dei nostri preconcetti. Le tombe ospitavano persone di rango elevato e il motivo per cui i sacrifici finirono potrebbe essere più politico che etico». Servire il re nell'aldilà sarà stato anche un onore, ma non certo ambito.
Già dalla II dinastia alcuni faraoni iniziarono a costruire le loro tombe più di 400 chilometri a valle, a Saqqara. Lì, con la III dinastia, ebbe inizio una nuova usanza: al posto della tomba con la cinta sorsero complessi funerari formati da una piramide circondata da una cinta cerimoniale. Abido fu abbandonata per i 700 anni successivi.
Poi, nel Medio Regno, si affermò il culto di Osiride. Secondo la leggenda, il signore dell'aldilà era stato anche il primo re d'Egitto; perciò i faraoni inviarono i sacerdoti ad Abido per localizzare la sua tomba. Questi scavarono diverse sepolture della I dinastia e decisero che quella di Djer apparteneva a Osiride. Fu così che la necropoli di Abido divenne una sorta di Mecca dell'antico Egitto.
Per i 2000 anni successivi vari faraoni edificarono ad Abido grandi monumenti e templi in onore di Osiride; centinaia di migliaia di Egiziani intrapresero il pellegrinaggio per partecipare alle celebrazioni annuali della resurrezione della divinità. I festeggiamenti culminavano in una processione che, partendo dalla città, sfilava accanto a una serie di piccole cappelle costruite in onore del dio-re, e risaliva il letto asciutto di un fiume fino a raggiungere l'antico cimitero nel deserto.
I pellegrini giunti alla tomba di Osiride non sospettavano minimamente che centinaia di loro antenati, cortigiani sacrificati più di mille anni prima, fossero sepolti sotto i loro piedi. Per ottenere la benedizione di Osiride per il loro passaggio nell'aldilà, i fedeli portarono milioni di vasetti votivi in argilla colmi di frutta e incenso ardente. I frammenti di questi vasi si possono vedere ancora oggi, a ricordare l'imperitura speranza che, dopo la morte, giunga la vita eterna.