«Lei chi è? Cosa vuole?», le ha chiesto Hawass quando nell’autunno del 2004 se l’è vista piombare in ufficio. Temendo che Hawass l’accomunasse ai matti convinti che le piramidi sono state costruite dagli alieni, la Martinez non gli ha detto subito che stava cercando Cleopatra. «Vorrei visitare dei siti non aperti al pubblico», ha risposto invece. E Hawass le ha concesso l’autorizzazione a visitare alcuni siti di Alessandria, Giza e del Cairo.
Quando nel marzo 2005 è tornata in Egitto, Martinez è andata da Hawass nella sua nuova veste di ambasciatrice della cultura della Repubblica Dominicana. Lui, ridendo, le ha risposto che era troppo giovane per fare l’ambasciatrice. Lei ha ribattuto che l’anno prima era andata a Taposiris Magna e che voleva tornarci; nel sito c’erano i resti di una chiesa copta e i dominicani erano interessati alla storia cristiana. Hawass ha acconsentito di nuovo. Dopo aver visitato il sito, Martinez ha chiesto di nuovo udienza a Hawass. «Le concedo due minuti», ha risposto lui. Era arrivato il momento di mettere le carte in tavola.
Così gli ha spiegato che voleva effettuare degli scavi a Taposiris. «Ho una teoria», ha detto Martinez illustrando la sua convinzione che Cleopatra fosse sepolta lì.
«Cosa?», ha esclamato Hawass saltando sulla sedia. Un gruppo di archeologi ungheresi aveva appena concluso degli scavi a Taposiris; inoltre, alcuni archeologi francesi avevano riportato alla luce terme romane proprio fuori le mura del tempio. In più, c’era il progetto di trasformare il sito in attrazione turistica. «Mi dia due mesi», gli ha detto Martinez. «Vedrà che la trovo».
Cleopatra VII era nata in Egitto ma discendeva da una stirpe di re e regine greci che governavano il paese da circa tre secoli. Quella dei Tolomei di Macedonia è una delle dinastie più eccessive in tutti i sensi, celebre non solo per ricchezza e saggezza ma anche per le sanguinose rivalità e per i turbolenti rapporti familiari caratterizzati da incesti e fratricidi.
I Tolomei salirono al potere dopo la conquista dell’Egitto da parte di Alessandro Magno, che in una turbinosa campagna militare iniziata nel 332 a.C. travolse il Basso Egitto, spodestò gli odiati Persiani e fu salutato dagli Egizi come un liberatore divino. A Menfi, la capitale, Alessandro fu acclamato faraone e su una striscia di terra fra il Mediterraneo e il lago Mareotide progettò la fondazione di Alessandria, che per quasi un millennio sarebbe stata la nuova capitale d’Egitto.
Alla sua morte, avvenuta nel 323 a.C., l’Egitto fu consegnato a Tolomeo, uno dei generali più fidati di Alessandro, che con una brillante operazione di marketing dirottò il carro funebre che stava riportando la salma in Grecia e volle che questa fosse custodita in una tomba ad Alessandria. Tolomeo fu incoronato faraone nel 304 a.C., nell’anniversario della morte di Alessandro; fece offerte alle divinità egizie, salì al trono con un nome egizio e si fece ritrarre in abiti faraonici.
L’eredità maggiore lasciata dalla sua dinastia fu proprio la città di Alessandria, con il suo viale principale largo più di 30 metri, i colonnati di calcare lucido, i templi e i palazzi affacciati sul porto e il faro, una delle sette meraviglie del mondo antico che torreggiava sull’isola di Pharos. Presto Alessandria divenne la città più grande e raffinata del pianeta: un brulicante miscuglio cosmopolita di Egizi, Greci, Ebrei, Nubiani e altre popolazioni. Le menti più brillanti del Mediterraneo andavano a studiare al Mouseion, la prima accademia del globo, e presso la magnifica biblioteca della città.
Fu ad Alessandria che Aristarco, 1.800 anni prima della rivoluzione copernicana, ipotizzò che il Sole fosse al centro del Sistema Solare e che Eratostene calcolò la circonferenza della Terra; qui la Bibbia ebraica fu tradotta per la prima volta in greco e il poeta Sotade scoprì i limiti della licenza artistica quando imprudentemente scrisse alcuni versi scurrili sul matrimonio incestuoso di Tolomeo II con la sorella, e venne rinchiuso in una cassa rivestita di piombo e gettato in mare.
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