Le Donne dei Faraoni di Christian Jacq - Il mondo femminile dell’antico Egitto. Mondadori

Una scoperta fortuita
Il 2 febbraio 1925 la squadra dell'archeologo americano Reisner sta lavorando sull'altopiano di Giza, nel grande cimitero reale che si trova a est della spettacolare piramide di Cheope (2589-2566 a.C. circa), più comunemente detta «la grande piramide» [si veda Giza]. Vi sorgono in particolare tre piccole piramidi di regine, le cui cappelle di culto, aperte sul lato orientale, danno su un viale. Quel giorno il fotografo della spedizione decide di fare alcuni scatti dall'estremità settentrionale del viale.

Come ogni tecnico che si rispetti, prepara il materiale con cura e posa il cavalletto in modo che rimanga stabile. Un'operazione ripetuta mille volte, un gesto automatico.
Ma questa volta accade un piccolo incidente: uno dei piedi affonda in un incavo del terreno. Il tecnico si china e constata la presenza di uno strato di gesso. Si tratta palesemente di un'opera dell'uomo, una specie di trompel'oeil che imita il suolo roccioso.
Su richiesta, intervengono gli operai degli scavi, che riportano alla luce una trincea rettangolare riempita di piccoli blocchi di calcare. Li spostano e scoprono una scala che si prolunga in un tunnel, il quale termina in un pozzo a sua volta ostruito da pietre. L'eccitazione cresce: si tratta forse di una tomba inviolata? e a chi potrebbe mai appartenere?
Dopo aver liberato anche il pozzo, gli operai accedono a una nicchia che contiene alcune giare, il cranio e le zampe di un toro avvolti in stuoie: un'offerta che permetteva al proprietario della tomba di non soffrire la sete e di disporre della potenza creatrice del toro.
L'8 marzo 1925 viene raggiunta la camera funeraria, una piccola stanza scavata nella roccia. Una stanza... inviolata!

Il tesoro della regina, «madre del re»
Venticinque metri sotto terra si trovava, dunque, una sepoltura segreta che nessun saccheggiatore era riuscito a scoprire. La presenza di un sarcofago lasciò sperare per un attimo nella scoperta di una mummia, ma si constatò subito che era vuoto. Superata la delusione, gli archeologi posarono lo sguardo sui numerosi oggetti contenuti nella tomba; una rassegna completa di tutti i pezzi richiese non meno di millecinquecento pagine di appunti e millesettecento fotografie!
Apparve il nome della legittima occupante del luogo: Hetepheres, che probabilmente significa «il faraone è pienezza grazie a lei». Una personalità di rilievo, quindi, dato che era la sposa del faraone Snefru e la madre del costruttore della grande piramide. Il suo corredo per l'aldilà era notevole: vasellame d'oro, un baldacchino in legno e alcune poltrone placcate d'oro, un letto con testata, collane, scrigni, vasi in rame e in pietra, braccialetti d'argento tempestati di cornalina, lapislazzuli e turchesi, e un cofanetto in legno dorato che conteneva due astucci in cui riporre i gioielli. Capolavori quali i piatti e le coppe d'oro, o l'acquamanile di rame, sono prove del genio degli artigiani dell'Antico Regno. Il pezzo più straordinario è probabilmente la lettiga, rinvenuta smontata, poi riassemblata ed esposta al Museo del Cairo, insieme ad altri oggetti appartenenti a questo tesoro di sorprendente perfezione, che da solo basterebbe a testimoniare la raffinatezza della corte di Snefru e Cheope, e del suo gusto per la sobrietà e la purezza delle linee.
Un particolare importante: queste meraviglie, create per l'eternità e non per il mondo effimero degli uomini, erano destinate ai paradisi dell'aldilà in cui vive l'anima di Hetepheres. Grazie ai gioielli, la sua bellezza sarebbe rimasta intatta; grazie al vasellame prezioso, la regina avrebbe celebrato un perpetuo banchetto.
La magnifica lettiga della madre di Cheope è un simbolo collegato alla sua funzione. Alla regina d'Egitto, infatti, venivano conferiti i sorprendenti titoli di «lettiga di Horo» e di «lettiga di Seth», ed era chiamata anche «la grande lettiga». Appariva così come il supporto in movimento degli dei Horo e Seth, i due nemici che si uniscono e si placano nella persona del faraone. Come Iside è il trono da cui nasce il re d'Egitto, la regina è la lettiga che permette al monarca di spostarsi e, quindi, di essere in azione. La titolatura di questa importante donna ci rende note le sue funzioni rituali: «Madre del re dell'Alto e del Basso Egitto, compagna di Horo, capo dei macellai della dimora dell'acacia, le cui giuste richieste vengono tutte esaudite, figlia del dio, del suo corpo, Hetepheres».
La dimora dell'acacia è legata al mistero della resurrezione, al quale presero parte tutte le regine; riparleremo più avanti di quest'istituzione. Ma soffermiamoci un istante sul titolo di «madre del re», che verrà utilizzato fino all'ultima dinastia. Siamo di fronte a un vero e proprio titolo, dal momento che è accertato che l'espressione non designa necessariamente la madre carnale di un faraone , ma esso indica soltanto una filiazione spirituale, per cui è impossibile dedurre l'esistenza di legami familiari più concreti.
Alla creatura scelta per essere faraone la «madre del re» aveva il dovere di trasmettere l'energia incessantemente prodotta dall'universo divino. Per questa ragione ella è spesso presente accanto al monarca durante i riti più importanti e incarna la continuità dinastica. La «madre del re» è venerata in quanto fonte spirituale della monarchia. Il letto di resurrezione di Hetepheres, di mirabile fattura, non serviva soltanto al riposo eterno della grande regina, ma anche alla sua perpetua unione con il principio creatore per dare vita al re.

Quando un archeologo scrive un romanzo giallo
L'archeologia si dichiara rigorosa e scientifica, ma è praticata da uomini e da donne che, inevitabilmente, interpretano i fatti in funzione delle loro conoscenze e del loro livello di consapevolezza. All'inizio del XX secolo, studiosi autorevoli come il tedesco Adolf Erman consideravano la religione egizia un'accozzaglia di sciocchezze. Recentemente, Jan Assmann, un altro egittologo tedesco, ha dimostrato che il pensiero egizio, focalizzato più sulla conoscenza che sulla fede, costituisce una dimensione spirituale insostituibile e insostituita. Reisner, benché fosse un archeologo, non si accontentò dello studio «oggettivo» della tomba della regina Hetepheres. Senza dubbio l'assenza di sovrastruttura e la dissimulazione volontaria della sepoltura autorizzavano a concludere che si trattava di una tomba segreta; ma qual era la ragione di questo segreto?

E Reisner incominciò a fantasticare. Sposa di Snefru, costruttore delle due grandi piramidi sul sito di Dahshur, Hetepheres sarebbe stata sepolta lì, vicino al marito. Per sua disgrazia, alcuni ladri avrebbero saccheggiato la tomba, gettando Snefru in una profonda disperazione. Quest'ultimo avrebbe, quindi, deciso di riesumare le spoglie della moglie dalla tomba di Dahshur e di nasconderle per sempre nella sepoltura segreta di Giza; ma la mummia sarebbe andata distrutta durante il trasporto e nessuno avrebbe osato annunciarlo al re. Motivo per cui la sepoltura segreta di Giza è vuota. Abbiamo posto in evidenza i condizionali perché questa tragica storia è esistita soltanto nella fantasia di Reisner. Purtroppo venne, però, più volte riportata come verità storica... Mentre la strana tomba di Hetepheres, una sorta di reliquiario che fa pensare alla tomba di Tutankhamon, conteneva i vasi detti «canopi», destinati a ricevere le viscere della regina, ignoriamo la ragione per cui la mummia venne trasferita, sempre che sia mai stata effettivamente messa nel sarcofago, in seguito coperto. Una modifica del progetto architettonico ha forse indotto i costruttori a scavare un'altra tomba per la regina? Hetepheres era forse considerata un faraone e disponeva, quindi, di una tomba per il corpo mummificato e di un'altra per il corpo luminoso? Nuovi scavi, a Dahshur e a Giza, ci forniranno le risposte. C'è solo da augurarsi che un fotografo appoggi il cavalletto nel punto giusto...