Reperti archeologici, statue, pitture tombali e antichi scritti permettono di seguire, lungo un arco di tremila anni, l’evoluzione degli abiti degli antichi egiziani. La lavorazione dei tessuti risale agli albori della civiltà egizia infatti un vaso datato 5000 a.C. proveniente dal Fayoum conteneva dei semi di lino ricoperti da un piccolo brandello di lino grezzo. Dai tessuti ritrovati nelle sepolture si deduce che il lino era la stoffa più utilizzata per realizzare abiti, bende per avvolgere le mummie, cinture, tappeti, tuniche o coperte.
Gli egizi attribuivano un grande valore alla bellezza e alla "moda", basti citare le regine Nefertari e Nefertiti, ancora oggi icone di bellezza ed eleganza. Dei costumi egiziani Erodoto scrive: "Si vestono di tuniche di lino guarnite di frange pendenti sulle gambe che chiamano calasiris (kalasiris) su di esse gettano mantelli di lana bianca ma... vestiti di lana non entrano nei templi ne si fanno seppellire che sarebbe sacrilegio.. il lino deve essere la veste dei sacerdoti e di papiro i calzari”. In modo sporadico furono lavorate anche altre fibre come la canapa, la lana introdotta in Egitto in età romana per creare elaborati arazzi ed in epoca greca fu utilizzata la seta per realizzare raffinate vesti femminili.
Il cotone fu utilizzato in Egitto dal III a.C. ma trovò il suo massimo utilizzo solo dopo la conquista araba del 640 d.C. a tal proposito Plinio afferma che nel sud dell’Egitto, in prossimità della Nubia, si trovava una pianta chiamata Gossypium e dalla lavorazione delle fibre di questo arbusto si potevano ricavare un pregiato cotone. Plinio scrive: “gli abiti più pregiati indossati dai sacerdoti egiziani sono fatti di cotone..”
Il lino veniva seminato in inverno e raccolto alla fine del mese di marzo, gli steli erano colti a mano in più fasi a seconda della maturazione delle fibre, uno stelo giovane e morbido veniva lavorato per creare indumenti intimi o confezionare vesti femminili, gli steli più maturi erano utilizzati per produrre vesti di uso domestico e biancheria per la casa in ultimo venivano raccolte e lavorate le fibre più dure utilizzate per corde o stuoie.
Nelle pitture tombali dell'antico Egitto sono state trovate numerose rappresentazioni di donne e uomini mentre lavorano su telai orizzontali ma per produrre complessi manufatti nel Nuovo Regno fu introdotto l’uso del telaio verticale.
Esistevano laboratori tessili annessi ai templi ed altri che producevano manufatti solo per il faraone, la popolazione più povera lavorava il lino in piccole botteghe domestiche.
Antichi testi geroglifici descrivono minuziosamente le fasi di lavorazione all’interno dei laboratori tessili reali. Gli annali del faraone Thutmosis III [vedi Thutmomsis III] riferiscono l’impiego nelle botteghe tessili di prigionieri di guerra provenienti dalla Siria che dovevano anche tenere dei registri dove annotare la quantità e qualità della produzione.
Nel testo letterario del medio regno chiamato “Satira dei mestieri” il lavoro del tessitore egizio viene così descritto: "Il tessitore è dentro nella sua bottega [..] sta peggio di una donna partoriente.. le sue ginocchia sono sulla bocca dello stomaco e non ha respiro. Se egli resta nella giornata senza tessere è punito con cinquanta frustate e deve dare una mancia al portinaio perché gli lasci vedere la luce.."
Il lino a seconda del trattamento cui era sottoposto assumeva colorazioni che andavano dal grezzo al bianco splendente ed era questa la colorazione più apprezzata ed utilizzata, tuttavia sono stati ritrovati tessuti con colorazioni brillanti.
Per tinteggiare i tessuti venivano utilizzate sostanze di origine vegetale, fra queste l’Isatis tinctoria (detta anche Guado o Gualdo) una pianta dalla quale si ricava un rosso porpora e successivamente, attraverso la fermentazione delle foglie, si otteneva il colore verde ed il blu. Dalla lavorazione della pianta Indigofera tinctoria si otteneva un colore blu intenso, dalla radice della pianta Rubia tinctorum (Robbia) si otteneva il colore rosso, il giallo estratto dalla Carthamus tinctorius (cartamo o zafferanone), oltre i colori di origine animale come il rosso estratto da un parassita delle querce (Coccus ilicis).
Il modo di vestire degli antichi egizi rispecchiava la posizione sociale alla quale si appartenevano. Operai ed artigiani normalmente indossavano un semplice perizoma o un corto gonnellino, le donne vestivano tuniche arricchite da cinture e leggeri manti, queste vesti aderenti erano sorrette da due bretelle che arrivavano sotto il seno talvolta lasciandolo scoperto. Nel corso del tempo la moda si arricchisce di dettagli preziosi, sopra le semplici tuniche le donne indossarono degli abiti trasparenti dai colori vivaci, mentre nel nuovo regno viene alla luce la moda di plissettare le tuniche. Oggi nel Museo Egizio di Torino è presente una macchina particolare che veniva utilizzata per piegare meccanicamente le tuniche di lino in modo da ottenere la plissettatura che rendeva così fluide le vesti dei sovrani e nobili dell’antico Egitto.
Gli abiti confezionati in garza di lino per entrambi i sessi diventarono leggeri con ampie maniche, gli uomini vestirono gonnellini lunghi fino al ginocchio, gli scribi aggiunsero al perizoma un gonnellino plissettato sul davanti, gli operai o i soldati indossarono un grembiule di cuoio mentre i sacerdoti ed i visir aggiunsero alle tuniche di semplice lino delle pelli di pantera portate su una spalla. Poco usati erano i sandali, generalmente di cuoio o di papiro per le classi più umili , nel nuovo regno vennero prodotti in oro per i re che li indossavo anche con una punta ricurva come le calzature dei sultani.
I primi abiti reali sono costituiti da un perizoma indossato sotto una corta e stretta gonna trattenuta in vita con una fascia decorata con motivi a zig zag, sulla parte anteriore il gonnellino era piegato in modo che la stoffa realizzasse una forma trapezoidale chiamata Shendit e posteriormente il vestito reale era arricchito di una coda di animale (bovina o di leone). Questo tipo di abbigliamento resterà pressoché invariato fino all’età amarniana quando il gonnellino reale divenne più lungo arrivando fin sotto il ginocchio arricchito da una sontuosa pieghettatura sul davanti, corsetti maschili decorati con righe orizzontali multicolore, scialli di finissimo lino e cinture annodate in vita.
Alcune rappresentazioni tombali raffigurano il faraone con vesti particolari, utilizzate per le cerimonie, costituite da vesti leggere di lino bianco ed un corsetto decorate con piume, forse ricordo dell’identificazione del faraone con il dio falco Horus.
Pochi vestiti reali ben conservati sono giunti fino a noi, da ricordare che nella tomba del faraone Tutankhamon sono stati ritrovati diversi capi del suo guardaroba che comprendeva anche 27 guanti di stoffa finemente decorata con un laccio al polso, perizomi triangolari di lino, sandali d’oro e una tunica decorata con scene di caccia, grifoni e sfingi. Da ricordare anche un corsetto ritrovato a Menfi appartenuto a Ramesse III, decorato con una fascia policroma lunga alcuni metri ed il ricco corredo di stoffe rinvenuto nella tomba dell’architetto Kha oggi conservato al Museo Egizio di Torino [I sotterranei del Museo Egizio di Torino].
Articolo a cura si Silvia B.
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