Tesori mai visti fra 4 mila nuovi pezzi conferiti al Museo. I loro corpi non ci sono più. Ma i sarcofagi che riproducono le loro fattezze esistono ancora. Sono trenta. Appartengono a una famiglia che visse a Tebe d’Egitto più di due millenni fa. Ricordano cinque generazioni di alti borghesi, donne e uomini, alcuni dei quali sacerdoti, specializzati nella cultura del loto. Per tre secoli riposarono insieme. Oggi giacciono in un magazzino sotterraneo del Museo Egizio di Torino.

In un altro si conservano le spoglie di uno sconosciuto, che visse 4 mila anni fa. Di lui non si sa nulla. Ma è certo che da noi diverrà famoso. Perché i suoi resti sono raccolti in un sarcofago forse unico al mondo. E’ fatto con fasci di giunchi, avvinti fra loro come in una cesta, fino a formare una bara vegetale.

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Eleni Vassilika, la direttrice del Museo, dice «di non averne mai visto uno eguale». E’ una vera rarità. Con la famiglia di Tebe diverrà una delle nuove «star» dell’Egizio, che sarà esposta nel nuovo allestimento. Ora infine si può.

Perché i sarcofagi dei tebani e questo eccezionale feretro «verde», che pare uscito dalle fantasie di Pandora, l’immaginario pianeta di Avatar, fanno parte di 4 mila reperti che la «Fondazione Antichità Egizie», presieduta da Alain Elkann, ha appena avuto in conferimento dallo Stato. Si aggiungono ai 6500 beni già esposti. E attendono che altri 16 mila, ancora da conferire, li seguano.

Perché la Fondazione sta facendo del suo meglio per esporli come meritano. Ieri Vassilika ha presentato il lavoro già fatto nei magazzini. Ogni oggetto è stato inventariato e riposto in scatole, sotto velina.

La sua scheda, la sua storia, la sua descrizione, sono state codificate con la sua fotografia, in un archivio informatico che dal prossimo settembre permetterà a tutto il mondo di esaminare le collezioni dell’Egizio, presentate sul suo sito Internet, ancora prima che il Museo raddoppi gli spazi, come si accinge a fare.

Nel cortile d’onore lo scavo archeologico che lo ha indagato è pronto a lasciare i suoi volumi al grande padiglione sotterraneo che offrirà all’Egizio nuove aree di accoglienza e sale per mostre temporanee. Di qui, entro il 2013, si salirà ai piani superiori, ricomposti in un percorso che presenterà le collezioni in ordine cronologico, sottolineando non solo i particolari archeologici, ma anche quelli artistici, con possibilità di approfondimenti tematici, disposti lungo le sale.

La tomba dell’architetto Kha e della sua amata moglie Merit, già ricollocata in via provvisoria nella sala Drovetti, ne è un chiaro esempio. Il suo ricco corredo ha trovato respiro più ampio, in attesa della sua collocazione finale, al primo piano. Nei prossimi mesi anche lo Statuario sarà ritoccato.

La scenografia realizzata nel 2006 da Dante Ferretti, attorno alla famosa statua del faraone Ramesse II, resterà pressoché inalterata. Ma la sala attigua, senza turbare le suggestioni di Ferretti, verrà riallestita con un progetto museografico ideato dalla direzione, per ospitare parte della collezione ora sistemata nell’ala sotterranea, che verrà coinvolta da cantieri d’ampliamento.

Il Museo si rinnoverà in due tappe. La prima verrà conclusa nel 2011, in occasione dei 150 anni di unità italiana. La seconda avrà termine entro il 2013. Ma anche in futuro sarà in continuo fermento. I progettisti del suo rinnovamento prevedono un allestimento in grado di variare nel tempo, con vetrine di disegno minimalista, che permettano di valorizzare gli oggetti sotto un’illuminazione calibrata per ciascuno di loro.

Con queste linee guida verranno esposti anche i tesori appena conferiti. Oltre ai sarcofagi tebani, che verranno presentati in piedi, con altri 20, le collezioni appena aggiunte spaziano da oggetti di uso quotidiano a strumenti di lavoro. E’ il caso di alcuni gioghi per buoi o di ceste d’uso ancora da accertare.

L’inventario condotto nei magazzini ha permesso di riscoprire anche un bene di cui si era persa memoria. Si tratta di una stele di civiltà fenico- punica, proveniente dagli scavi di Tebnytis, località del medio Egitto. Gli egittologi la stanno ancora studiando. E’ molto antica, ma di difficile lettura. Documenta il legame fra l’antico Egitto e i commercianti fenici.

Fra i pezzi invece ancora da conferire si annovera il «cubito dorato», di cui si fregiò l’architetto Kha. Quello esposto nella sua tomba è una replica, che invita lo Stato a perfezionare le pratiche che permetteranno all’Egizio di stupire per la sua ricchezza.

26/05/2010 - Maurizio Lupo - Torino - La Stampa