Nefertari la grande sposa reale di Ramses II - Christian Jacq: Le Donne dei Faraoni

NefertariDalle iscrizioni ufficiali è difficile, se non impossibile, cogliere i sentimenti che un faraone provava per la sua grande sposa. Persino nel caso di Akhenaton e di Nefertiti, che sembrano offrirci scene di intimità familiare, la simbologia resta preponderante. Ramsess II e Nefertari non ci concedono nessuna familiarità, nessuna confidenza romantica; sono semplicemente una coppia reale in tutta la sua gloria e la sua maestà.

Eppure, come vedremo, Ramses onorò Nefertari in modo del tutto eccezionale. Nonostante che lui le sia sopravvis- suto a lungo e che altre spose reali abbiano preso il suo posto, rimane lei la regina legata al regno di Ramses. Non si conoscono i genitori di Nefertari e può darsi che la regina fosse di origini relativamente modeste. Il suo nome significa "la più bella", "la perfetta", ed è spesso seguito dall'epiteto amata da Mut [vedi Mut - la dea egizia].

Si tratta di due riferimenti importanti, uno alla grande antenata, la regina Ahmes-Nefertari, e l'altro alla dea Mut, sposa di Amon, signore di Tebe. Nefertari sposò Ramses prima che questi succedesse a suo padre, Sethi I. Alcuni suoi titoli sottolineano il ruolo essenziale della grande sposa reale "sovrana del Doppio Paese", "colei che governa l'Alto e il Basso Egitto", "la signora di tutte le terre", "colei che soddisfa gli dei". I testi sottolineano che aveva un bel viso e una voce dolce. La sua presenza a una festa celebratasi a Luxor è ricordata in questi termini: "La principessa, ricca di lodi, sovrana di grazia, dolce nell'amore, Signora delle Due Terre, la perfetta, colei le cui mani reggono i sistri, colei che fa la gioia di suo padre Amon, la più amata di tutte, colei che porta la corona, la cantatrice dal bel viso, colei Ia cui parola dà la pienezza. Tutto ciò che chiede si realizza, ogni realtà si compie in funzione del suo desiderio di conoscenza, tutte le sue parole fanno nascere la gioia sui visi, sentire la sua voce permette di vivere". Portatrice di amore e di creazione, la parola della regina procura la felicità agli dei e agli uomini, addolcisce il cuore di Horo, cioè del re, e gli procura la pace. Se si interpretano le iscrizioni alla lettera, Nefertari avrebbe dato a Ramses quattro figli e due figlie, ma la nozione di "figlio" e di "figlia" motto spesso corrisponde, come abbiamo visto, a un titolo. Durante il suo lungo regno, Ramses adottò un numero considerevole di "figli reali" e di "figlie reali", il che indusse alcuni egittologi a credere che egli fosse un procreatore instancabile.

Il ruolo politico di Nefertari

Fin dall'anno I del regno la grande sposa reale venne associata ai principali atti di governo. Dopo aver partecipato ai riti di incoronazione, Nefertari fu presente accanto a Ramses ad Abido, in occasione della cerimonia durante la quale il re nominò Nebunenef grande sacerdote di Amon, assicurandosi così la fedeltà del ricco e potente clero tebano. Nefertari ebbe una parte attiva nei grandi rituali di Stato indispensabili per mantenere viva la prosperità delle Due Terre, quali la festa di Min, dove, in particolare, si vede la regina girare sette volte attorno al re recitando formule magiche. Come parecchie altre regine, Nefertari esercitò una forte influenza in politica estera. Durante le lunghe trattative necessarie a ottenere la pace con gli ittiti, si mantenne in contatto epistolare con la sua omologa, la regina dell'Hatti. Le due sovrane si scambiarono gioielli e stoffe ed è probabile che fra loro sia nata una vera amicizia. "Quanto a me, tua sorella," scrive Nefertari "tutto bene; quanto al mio paese, tutto bene". La regina egizia e quella ittita auspicarono che le divinità ispirassero pace e fraternità ai loro due popoli e il desiderio venne esaudito. A causa della provenienza della sua dinastia, Ramses II aveva una spiccata preferenza per i luoghi del Delta, che era diventata una zona strategica nell'ambito dei rapporti con l'Asia. Il re vi creò una nuova capitale, Pi-Ramses, "la città di Ramses", città di turchese, pietra con cui fece costruire tempi e palazzi. Vi si veneravano divinità egizie, in particolare Amon, ma anche divinità asiatiche, coabitazione che tradiva un'evidente volontà di pace, alla quale non doveva essere estranea Nefertari. Una lettera scritta da uno scriba vanta Ia favolosa bellezza di questa capitale in cui Nefertari presiedette numerose cerimonie. E' stato Ra in persona, afferma lo scriba, a creare questo luogo. I campi attorno alla città sono di una ricchezza impressionante. Ogni giorno la capitale viene rifornita di cibi squisiti. I canali sono pieni di pesci, gli stagni sono coperti di uccelli. I granai rigurgitano di orzo e di farro. Fiori meravigliosi abbelliscono i giardini. Sulle tavole non manca nulla: fichi, uva, mele, melagrane, olive, cipolle, vino rosso dal gusto impareggiabile. Il palazzo in cui viveva la coppia reale era sontuoso. Al centro si trovavano una sala con le colonne policrome, una sala delle udienze e una sala del trono. La decorazione lasciava largo spazio alle scene campestri, alla fauna e alla flora. Gli appartamenti privati dei sovrani avevano tutte le comodità, fra cui anche una stanza da bagno. Di sera era piacevole uscire sulla terrazza a guardare il tramonto, godendosi la fresca brezza del nord. Attorno al palazzo giardini e specchi d'acqua offrivano calma e dolcezza. Acacie, palme, sicomori, melograni catturavano lo sguardo.

Nel 1813 lo svizzero Burckhardt riscoprì Abu Simbel, un luogo straordinario nel cuore della Nubia. Là, a valle della seconda cateratta del Nilo, a circa 1300 chilometri a sud di Pi-Ramses, erano stati scavati due templi nella parete rocciosa sulla riva del fiume. La dea Hathor regnava su quel luogo magico, la cui scelta non era dovuta al caso: sotto la protezione della sovrana dell'amore celeste, il faraone aveva deciso di magnificare la coppia reale con una rappresentazione monumentale in due templi vicini. Essi furono inaugurati da Ramses e Nefertari durante l'inverno dell'anno 24 del regno. Chi ha avuto occasione di vedere Abu Simbel prima del trasferimento dei templi, reso necessario dalla disastrosa creazione del lago Nasser e dalla distruzione della Nubia, ha provato l'emozione intensa vissuta dalla coppia reale. Ai raggi del Sole che tingeva d'oro l'arenaria nubiana, i colossi seduti di Ramses, dal fine sorriso, contemplavano l'eternità, mentre quelli del re e della regina, in piedi e in movimento, camminavano per l'eternità sui sentieri di luce.
Ramses e Nefertari entrarono nel grande tempio dedicato alla rigenerazione perpetua del ka del faraone, avanzarono lungo il viale fiancheggiato da pilastri che rappresentavano il re nella persona di Osiride, varcarono le porte che davano accesso alle sale segrete e andarono fino in fondo al santuario, dove troneggiavano quattro divinità, Ra, Amon, Ptah e il ka di Ramses.
Nel tempio è presente Nefertari, che vi agisce in qualità di grande maga, infondendo al re l'energia necessaria a sconfiggere le tenebre, ma è il tempio vicino a renderle omaggio in modo particolare: secondo le iscrizioni geroglifiche, Ramses II l'ha fatto costruire "come opera eterna, per la grande sposa reale Nefertari, l'amata da Mut, per tutto II tempo a venire, Nefertari, attraverso il cui splendore brilla il Sole".
Questo "piccolo tempio" è una vera meraviglia. La regina, delle stesse dimensioni del re, è rappresentata mentre suona il sistro per Hathor, offre fiori di loto e di papiro a Mut e ad Hathor, e brucia incenso alle dee; la si vede anche nell'atto di fare offerte a Iside, madre del dio, signora del cielo e sovrana delle divinità, e di venerare Taurt, la "grande" dea ippopotamo che rende il mondo fecondo e fa nascere le forze creatrici. Così come nel suo santuario di Deir el Bahri, Hatshepsut incontrava Hathor sotto forma di vacca celeste, Nefertari, in fondo alla sua grotta sacra scavata in una lontana montagna della Nubia, è rappresentata mentre esplora un boschetto di papiri per scoprire la vacca, simbolo del cosmo. Straordinaria è la scena dell'incoronazione di Nefertari. Di un'eleganza suprema la regina dal corpo slanciato e sottile tiene nella mano destra la "chiave della vita" e nella sinistra uno scettro floreale. La corona è composta da un Sole fra due corna e due grandi piume, che ne fanno l'incarnazione di tutte le dee creatrici. Sulla fronte porta l'ureo, il cobra femmina che brucia i nemici e dissipa le forze negative. Ai due lati di Nefertari, le dee Iside e Hathor che, dopo averla incoronata, la ipnotizzano. Ramses è lo sposo dell'Egitto di cui Nefertari è la madre; nel naos del tempio, la regina si identifica con Hathor e con Iside, suscita la piena del Nilo e dona, così, la vita a tutto il paese.

La dimora eterna di Nefertari

Quando Ramses II celebrò la sua prima festa-sed, allo scopo di rigenerare la potenza reale, che si considerava esaurita dopo trent'anni di regno, Nefertari non si trovava fra le personalità presenti all'importante cerimonia. Essa durava più giorni e vedeva riunite tutte le divinità dell'Alto e del Basso Egitto per offrire al monarca un nuovo dinamismo. La spiegazione viene da sé: Nefertari aveva raggiunto l'aldilà, ma nessun documento precisa la data della sua morte. Un'ipotesi romanzesca vorrebbe che la regina sia spirata ad Abu Simbel, davanti al tempio che la rendeva immortale. Ormai allo stremo delle forze, avrebbe affidato alla figlia maggiore il compito di inaugurare i santuari con Ramses.

Un altro monumento glorifica Nefertari per l'eternità: la sua dimora eterna, nella Valle delle Regine. Scoperta nel 1904 da Schiapparelli, essa è un capolavoro dell'arte egizia ed è stata recentemente restaurata grazie a fondi privati provenienti dalla Getty's Foundation di Los Angeles. Pittori e disegnatori dell'antico Egitto vi hanno portato a perfezione la loro arte, descrivendo il cammino iniziatico della grande sposa reale nell'altro mondo. Rimane tuttavia qualche enigma. Perché la tomba di Nefertari è l'unica della Valle delle Regine che sia sfuggita alle distruzioni e al degrado? Il corredo funebre è stato rubato o semplicemente trasferito? Non è impossibile che gli egizi stessi abbiano accuratamente richiuso la tomba dopo il trasferimento della mummia di Nefertari in un nascondiglio che non sarebbe ancora stato scoperto. Si tratta di una dimora eterna molto grande, composta da parecchie stanze che conducono alla "sala dell'oro", dove il corpo di luce della regina era stato animato dai riti per servire da supporto agli elementi spirituali dell'essere, come il ba, l'anima-uccello. Fu qui, in questo "luogo di Maat", che il cuore della regina conobbe la gioia della resurrezione, unendosi alla grande Enneade, la confraternita delle nove divinità che senza sosta creano e organizzano l'universo. Nefertari gioca a senet, l'antenato della dama e degli scacchi, e il suo avversario altri non è che l'invisibile. E una partita che la regina deve vincere a tutti i costi. Ella offre a Ptah stoffe che ha tessuto lei stessa e pronuncia le parole giuste per ottenere da Thot la tavoletta dello scriba e il materiale necessario per scrivere. "Sono scriba," può infatti affermare, "porto Maat". Queste scene costituiscono delle autentiche prove iniziatiche che attestano la capacità di conoscenza della regina la quale può così incontrare le divinità, lasciarsi guidare da Hathor, affrontare con successo le guardiane delle porte e veder apparire l'uccello benu, la fenice egizia.

E di estrema importanza che Nefertari sia iniziata contemporaneamente ai misteri di Osiride, signore del mondo sotterraneo e del regno dei morti, e a quelli di Ra, luce divina e signore del cielo. Iside [vedi anche Iside - divinità egizia], la sposa di Osiride, tenendo per mano la regina, le offre la vita eterna e le permette di prendere posto sul trono del dio morto e resuscitato. Purificata, Nefertari partecipa anche alla vita del Sole, è guidata sul cammino dei due orizzonti, appare come suo padre Ra e diventa una stella immortale. La dimora eterna di Nefertari è un vero e propri libro di saggezza che ripercorre le tappe di un'iniziazione femminile. Ben al di là della sua esistenza terrestre, la grande sposa reale di Ramses II ci lascia, così, una testimonianza inestimabile.

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