Osservazioni interessantissime sulla natura della scrittura geroglifica tratte da vari scritti di Jean-Francçois Champollion, il geniale studioso francese che nel 1822 riuscì a scoprire la "chiave" per decifrare l’antica scrittura. Anche se alcune spiegazioni si sono poi rivelate errate, la maggior parte delle intuizioni sono risultate esatte e dimostrano tutta la genialità di questo sfortunato studioso di molte lingue orientali morto giovanissimo (1790-1832) e che visitò l’Egitto una sola volta

Natura dei caratteri geroglifici

Si può affermare che nessuna nazione ha mai inventato scrittura pia varia nei suoi segni e di un aspetto nel contempo pittoresco e singolare; i testi geroglifici in effetti offrono l’immagine di tutte le classi di esseri racchiusi dalla creazione. Vi riconosciamo:

  • la rappresentazione di diversi corpi celesti: il sole, la luna, le stelle, il cielo, ecc.
  • l'uomo di ogni sesso, a ogni età, di ogni rango e in tutte le posizioni che il suo corpo e suscettibile di assumere, sia nell'azione, sia nel riposo; inoltre, le diverse membra che lo compongono, singolarmente riprodotte;
  • i quadrupedi, sia domestici, tipo il bue, la vacca, il vitello, l'ariete, la capra, il caprone, il cavallo, il maiale e il cammello; sia selvaggi, tipo il leone, la pantera, lo sciacallo, il rinoceronte, l'ippopotamo, la giraffa, la lepre, diverse specie di gazzelle e di scimmie;
  • 4) una sfilza di uccelli, fra i quali osserviamo con pia frequenza la quaglia, lo sparviero, l'aquila, l'avvoltoio, la nitticora, la rondine, la pavoncella, l'oca, l'ibis e parecchie specie di palmipedi e di trampolieri;
  • 5) alcuni rettili: la rana, la lucertola, il coccodrillo, l'aspide, il ceraste, la vipera, la biscia;
  • parecchie specie di pesci che vivono ancora nel Nilo;
  • alcuni insetti, tipo l’ape, la mantide, lo scarabeo, la formica;
  • infine, una serie di vegetali, di fiori e di frutti.

Un altro genere di segni, altrettanto profusi, mostra la rappresentazione fedele delle attrezzature e dei prodotti delle arti inventate dal genio umano: vi notiamo vasi dal profilo diversificato, armi; calzature e copricapi di ogni specie, mobili, utensili domestici, strumenti agricoli e musicali, gli arnesi di diversi mestieri, immagini di edifici sacri o civili, e quelle di tutti gli oggetti del culto pubblico.
Oltre a ciò, gli elementi della scrittura sacra comprendono un numero abbastanza consistente di forme geometriche. Vengono riprodotti frequentemente linee diritte, curve o spezzate, angoli, triangoli, quadrilateri, parallelogrammi, cerchi, sfere, poligoni, soprattutto le figure pia semplici. Ma non era sufficiente, per questo singolare sistema di scrittura, essersi appropriati, con un'imitazione pia o meno perfetta, delle forme pia varie che l'uomo osserva nella natura vivente e di quelle che la sua mano industriosa impone alla natura inerte; la fantasia venne a sua volta ad accrescere i mezzi espressivi, creando una serie numerosa di nuovi caratteri ben distinti da tutti gli altri, poiché rappresentano combinazioni di forme che l'occhio non scorgerà mai nel campo dell'esistenza reale. Tali immagini sono quelle di esseri fantastici, e per lo più sembrano soltanto i prodotti del pia stravagante delirio: cosi sono i corpi umani uniti alle teste di animali diversi, i serpenti, i vasi stessi, issati su gambe umane, gli uccelli e i rettili a testa umana, i quadrupedi a testa di uccello, ecc.

Tutti questi segni, di classi cosi differenti, si trovano costantemente mescolati insieme, e l’iscrizione geroglifica offre la parvenza di un vero e proprio caos; niente e al suo posto, tutto manca di rapporto; gli oggetti più opposti in natura si trovano a contatto diretto, e producono alleanze mostruose: tuttavia regole invariabili, combinazioni meditate, una prassi calcolata e sistematica hanno incontestabilmente diretto la mano che tracciò questo quadro, in apparenza cosi disordinato; questi caratteri talmente diversificati nelle loro forme, sovente cosi opposti nella loro espressione materiale, servono tuttavia a rilevare una serie regolare di idee, esprimono un senso preciso, logico, e costituiscono cosi una vera e propria scrittura. Oggi non ci sarebbe più consentito di affermare, come si osò un tempo, che i geroglifici sono stati adoperati soltanto per servire da ornamenti agli edifici su cui venivano incisi e che non sono mai stati inventati per raffigurare idee.

Bisogna quindi intendere per geroglifici, una serie di caratteri che, nel loro complesso o nelle loro parti, essendo imitazioni più o meno esatte di oggetti naturali, furono destinati non a una mera decorazione, ma a esprimere il pensiero di coloro che ne regolarono la disposizione e l'uso. (Jean-François Champollion Compendio del sistema geroglifico, pp. 253-256)

Principi fondamentali della lingua geroglifica

Gli Egizi, possedendo contemporaneamente tre mezzi diversi per esprimere le idee, adoperarono in uno stesso testo quello che pareva loro il più appropriato alla rappresentazione di una data idea. Se l’oggetto di un'idea non poteva essere espresso con chiarezza, procedendo sia in senso proprio con un carattere figurativo, sia metaforicamente con un carattere simbolico, lo scrivano ricorreva ai caratteri fonetici, i quali supplivano egregiamente alla rappresentazione diretta o indiretta dell'idea, con la pittura convenzionale della parola-segno di questa stessa idea...
Risulta infine da tutto ciò che precede, e con piena evidenza:

  • che non c'era nessuna scrittura egizia completamente RAPPRESENTATIVA, come si e creduto che fosse, per esempio, la scrittura messicana;
  • che non esiste, sui monumenti dell'Egitto, una scrittura regolare completamente IDEOGRAFICA, cioè basata sulla sola unione di caratteri figurativi e di caratteri simbolici;
  • che l’Egitto primitivo non si servì affatto di scrittura completamente FONETICA;
  • ma che la scrittura GEROGLIFICA e un sistema complesso, una scrittura nel contempo FIGURATIVA, SIMBOLICA e FONETICA, in uno stesso testo, in una stessa frase, direi quasi nella stessa parola.

(Jean-François Champollion - Compendio del sistema geroglifico, pp. 326-327)