bellezza Nella civiltà egizia l'importanza della bellezza aveva vari significati, infatti la cosmesi era considerata una necessità per la cura ed igiene del corpo, bellezza esteriore e non per ultimo aveva un fine religioso e una funzione funeraria. Il solo valore ornamentale della cosmesi divenne molto importante, donne e uomini cercavano di migliorare la propria immagine usando trucchi, creme, unguenti in modo quotidiano anche se la maggior parte dei prodotti avevano spesso un fine curativo oltre che estetico.

Bellezze egizie Plinio scriveva che l'Egitto era il più grande produttore di unguenti e pomate, le sostanze più raffinate venivano dal Delta del Nilo ed erano custodite in vasetti molto belli, realizzati in alabastro, ceramica o vetro, decorati con pezzi di pietre colorate che formavano dei disegni geometrici.

L'igiene e la cura della persona erano fondamentali ma la pulizia del corpo era collegata anche alla purezza dello spirito tanto da far costruire nelle case bagni e servizi igienici.

Erodo scrive in merito: “preferiscono essere puliti piuttosto che belli. Indossano vesti di lino sempre fresche di bucato”.

La purificazione del corpo del faraone era il primo rituale al quale il re si sottoponeva ogni giorno, il rito veniva chiamato “cerimonia di toeletta” era diviso in tre fasi, un bagno purificatore poi veniva truccato e cosparso di incenso. Queste operazioni cerimoniali avevano tutte un significato magico e religioso.

  1. Il lavacro: semplicemente un bagno che alludeva alla nascita dal Nun del dio sole.
  2. L'incensamento del corpo del re: riproduceva la metamorfosi del faraone in Horus.
  3. Il natron: i sacerdoti davano al faraone delle piccole palline di natron da masticare per mantenere una buona igiene orale, riproduceva la rinascita del re al mondo superiore.
Gli unguenti erano considerati così importanti tanto da far creare due categorie “professionali” i “distributori degli unguenti” e il “sovrastante agli unguenti” che erano addetti alla distribuzione delle razioni quotidiane fornite agli operai del re.

Da alcuni documenti risulta che all'epoca di Sethi I gli operai che lavoravano alla necropoli di Tebe scioperarono perché non erano state distribuite le razioni degli oli contro le scottature solari, che di solito erano creme fatte con baccelli carrube e miele.

Molte donne e uomini per motivi igienici usavano radersi il capo ma solitamente le donne indossavano parrucche fatte da capelli umani intrecciati, con una divisa nel mezzo della testa, sulla sommità della parrucca veniva posto un cono profumato che con il calore si scioglieva e inumidiva i capelli di profumo.

Bellezze dell'antico Egitto Attraverso l'analisi dei numerosi resti ritrovati nelle sepolture abbiamo scoperto alcune composizioni dei profumi che usavano gli egiziani, profumi e cosmetici che divennero una preziosa merce di scambio nei commerci con i paesi confinanti. Nella composizione dei profumi veniva usate piante provenienti dalle oasi, dal Fayoum e fragranze importate da Punt, l'attuale Sudan/Somalia, i fenici procuravano agli egizi l'essenza di terebinto, una sostanza ricavata da un albero di piccole dimensioni con foglie dalla consistenza resinosa e fiori di color rosso porpora. L'essenza del terebinto viene descritta anche in alcune poesie d'amore:

“Ecco che tutte le strade che percorri si impregnano del profumo del terebinto e il loro odore diventa simile a quello che effonde a Byblos”.

Le essenze erano usate da tutti i ceti sociali, naturalmente quelle più raffinate erano costose e alla portata delle sole classi agiate, il profumo più famoso era il Kyphi, ottenuto con l'estrazione di 16 piante selvatiche diverse come bacche di ginepro, cedro, menta, pistacchio, cannella etc..

Anche Plutarco aveva ricordato il potere medico del profumo del Kyphi dicendo... “Favorisce il sonno, aiuta a fare bei sogni rilassa, da un senso di pace e spazza via le preoccupazioni”.

Il Kyphi veniva applicato sui capelli e anche nelle parti intime per migliorare la vita sessuale, visto che in Egitto la seduzione e il sesso erano considerati come una promessa di rinascita.

Il natron, a base di carbonato idrato di sodio/soda, veniva impastato con miele e uva ed offerto agli dei in segno di devozione, se masticato serviva per avere un'ottima igiene orale e profumare l'alito, se invece veniva bruciato serviva per purificare un'abitazione.

I colori utilizzati per il trucco degli occhi erano due, il verde ricavato dalla malachite e il nero ricavato dalla galena, ma particolare cura era dedicata alla protezione degli occhi dal sole e dalle infezioni.

Il bistro, oggi chiamato khol o kajal veniva mescolato con grassi, resine e linfa di sicomoro serviva per tracciare una linea nera sulla palpebra donando agli occhi uno sguardo magnetico, aveva la duplice funzione estetica e antibatterica veniva usato soprattutto dalle donne e dai bambini.

Il khol era composto da polvere di galena, un minerale a base di solfuro di piombo, ma il suo contenuto poteva variare a seconda delle stagioni, fu addirittura scritta una poesia su questo cosmetico:

“il tuo occhio con il khol diventa più grande, il tuo occhio contiene più amore, nel tuo occhio mi perdo, come in un cielo incantato..”

Per ringiovanire la pelle si usava stendere sul corpo una miscela di creme a base di natron, alabastro, miele, sale marino mentre per alcune donne che avevano una pelle più scura si usava schiarire l'incarnato con polvere di alabastro e di carbonato di soda mista a miele.

Anche le rughe veniva “combattute” con una crema applicata sulla pelle per ben sei giorni consecutivi composta di cera d'api, incenso, olio di oliva amalgamati a latte fresco.

Per colorare il corpo, le unghie e le labbra si usava mescolare ocra rossa diluita con grasso e resine, mentre per dipingere le unghie e tingere i capelli si usava l'henné, la cui varietà più pregiata cresceva nel delta del Nilo.

Tutti gli oggetti da toilette venivano riposti in cofanetti decorati che custodivano vasetti con profumo, unguenti, pettini, fermagli per i capelli, bastoncini per il trucco e specchi, insomma gli antenati dei moderni beautycase, uno di questi oggetti fu ritrovato nella tomba di Kha e di Merit oggi conservato al Museo Egizio di Torino.

I gioielli più antichi indossati dagli egiziani furono delle conchiglie e pietre dure mentre in epoche successive, anche le classi meno benestanti, amavano adornarsi con bracciali, orecchini e preziosi talismani con smalti, pietre semi preziose, turchesi, lapislazzuli o corniola rossa.

Articolo a cura di Silvia B.

Fonti:
Immagini, la bellezza della donna nell'antico Egitto (Zahi Hawass)
La via di Iside (Pavan)
La donna nell'antico Egitto (Tosi)