Sale la tensione tra le due forze laiche del nuovo Egitto, i giovani filo-occidentali della rivolta egiziana sempre più impazienti di vedere i frutti politici ed economici della sollevazione del 25 gennaio e i militari, garanti del processo che deve condurre alle elezioni politiche a settembre e poi a quelle presidenziali, mentre i Fratelli musulmani, maggior forza di opposizione filo-islamica, aspetta ai margini per entrare in campo a raccogliere i frutti della rivoluzione al momento opportuno.

Ieri è tornata la violenza a piazza Tahrir, simbolo della rivoluzione che ha posto fine al regime trentennale di Hosni Mubarak. Nella notte tra venerdì e sabato si sono verificati violenti scontri con colpi di arma da fuoco sparati dalle forze di polizia, che secondo fonti mediche, hanno causato almeno un morto e 71 feriti. «Tantawi è come Mubarak e Mubarak è come Tantawi», gridavano i giovani a Piazza Tahrir, il sismografo sociale del nuovo Egitto ancora senza pace, per sottolineare la continuità del regime che ha mandato agli arresti domiciliari l'ex rais a Sharm el Sheik con il figlio Gamal, ma non lo ha ancora accusato di nulla, mentre al maresciallo Hussein Tantawi, capo del Consiglio militare che oggi guida il paese, non viene perdonato di essere stato il ministro della Difesa sotto il passato regime.

Le forze di sicurezza hanno detto di avere sparato in aria per disperdere i manifestanti che erano rimasti sulla piazza dopo l'inizio del coprifuoco, al termine della mega-manifestazione di venerdì per chiedere che Mubarak e il suo entourage, i cosidetti "oligarchi" delle Piramidi che si sono impossessati con false privatizzazioni di società monopolistiche di stato o terreni demaniali acquisiti per un tozzo di pane, vengano portati alla sbarra e costretti a restituire il maltolto miliardario.

Ieri piazza Tahrir è stata sigillata dalle forze armate. Un camion bloccava l'accesso dal lato del Museo egizio, («chiuso a tempo indeterminato» ha detto il funambolico e star televisiva ministro ai beni culturali, Zahi Hawass) davanti al quale si sono dislocati i mezzi dell'esercito.
Ad essere colpiti dai nuovi scontri è la stabilità politica senza la quale non arriveranno gli investimenti esteri. L'economia del paese arabo più popoloso (87 milioni) è in ginocchio perché si basa sulle entrate del turismo (un milione di presenze in meno a febbraio), il Canale di Suez e gli investimenti stranieri. Il Pil che cresceva al 5,1% frenerà al 2,5%, ha detto il ministro delle Finanze Samir Radwan. Ma ciò che preoccupa è che il Paese ha attirato solo 2,3 miliardi di dollari di investimenti nel primo semestre, rispetto a una media di otto.
La situazione economica resta fragile. Le riserve valutarie sono crollate a febbraio di 1,7 miliardi di dollari mentre il turismo, che con oltre 15 milioni di turisti all'anno generava introiti valutari superiori ai 15 miliardi di dollari, è in ginocchio. In questi frangenti sarà difficile per il maresciallo Hussein Tantawi e per il premier Essam Sharaf modernizzare l'economia, tagliare l'elenfantiaco apparato burocratico (ci sono 500mila poliziotti nel paese) o eliminare i sussidi statali ai carburanti che pesano per il 5% del Pil.
Il consiglio supremo delle forze armate ieri ha diffuso il comunicato n. 34 in cui ha annunciato di avere ordinato l'arresto di Ibrahim Kamal, esponente di spicco del Partito nazionale democratico di Mubarak, con l'accusa di avere incitato agli scontri. Un colpo di coda del vecchio regime. Diversa la ricostruzione dei giovani, secondo cui gli scontri sono avvenuti perché un centinaio di soldati si è unito ai manifestanti provocando le reazione delle forze dell'esercito fedeli agli attuali vertici. Di certo c'è che il maresciallo Tantawi ieri ha deciso di accogliere alcune delle richieste dei giovani di Piazza Tahrir e cambiare alcuni governatori provinciali legati al vecchio regime.

Il Consiglio Supremo delle forze armate, Csfa, è l'istituzione egiziana che oggi guida il paese dopo che ha assunto ogni potere in occasione della rivolta egiziana del 25 gennaio 2011.
I suoi componenti sono una ventina, fra cui il Capo di Stato Maggiore e i responsabili dei Corpi d'Armata. È presieduto dal Feldmaresciallo Mohammed Hoseyn Tantawi, già ministro della Difesa di Hosni Mubarak.
Il Consiglio Supremo delle forze armate ha emesso nel 2011 numerosi comunicati, il primo dei quali il giovedì 10 febbraio. Con il quarto comunicato del 12 febbraio prometteva una «transizione pacifica» e che l'Egitto «resterà impegnato nei confronti di qualsiasi accordo internazionale».

Fonte: il Sole 24 Ore