Molti scrittori e filosofi dell’antica Grecia ci hanno tramandato notizie riguardanti l’importanza della musica e danza nella civiltà egiziana. Secondo Platone gli antichi egizi studiavano fin dalla gioventù danza e musica e l’interesse per queste due arti era dovuto agli effetti benefici che queste avevano sul corpo e sull’anima di ogni individuo. Plutarco era convinto che il dio Thot avesse donato al popolo egizio la musica.
Inizialmente la musica scandiva i momenti più importanti delle attività religiose dei templi, in seguito canti e balli accompagnarono ogni festa reale o banchetto nelle abitazioni private. Tra gli addetti del tempio si contavano molti cantanti, musicisti e ballerini di entrambi i sessi, che operavano durante le principali celebrazioni religiose, erano gruppi più o meno folti di artisti che accompagnavano danze sinuose con il suono della voce, la melodia del flauto, del tamburello o dell’arpa.
Nel Museo Egizio di Torino sono conservati i resti di una raffigurazione parietale proveniente da una tomba tebana che rappresenta un banchetto nobiliare rallegrato da una ballerina e due suonatrici di arpa e liuto.
Alla corte del faraone i musicisti godevano di una grande importanza, testi risalenti all’antico regno ricordano i nomi di tre famosi musicisti chiamati “direttori del canto reale”, la loro professione era talmente importante da ricoprire anche la carica di “direttori di tutti i divertimenti reali”. Grazie agli scambi commerciali e alle conquiste effettuate nel Nuovo Regno si diffusero in Egitto molti strumenti di origine asiatica. La stele di Amenhotep II ritrovata a Menfi ricorda come il faraone introdusse presso la propria corte 270 musicisti asiatici provvisti di preziosi strumenti in argento e oro. Molte testimonianze scritte ci permettono di conoscere le parole di alcune canzoni intonate alla corte del faraone anche se rimangono ignote le melodie che accompagnavano le canzoni.
Una di queste dice: “Davanti a te ci sia musica e canto, gettati alle spalle crucci e pene e volgi l’animo alla gioia finchè si leverà il giorno in cui dovremo viaggiare verso quella terra che ama il silenzio..”
Fra gli strumenti a corde l’arpa è stata la più amata, scavi archeologici hanno restituito numerosi esemplari facendoci capire che questo popolo utilizzata un’arpa ricurva di tipo verticale con sette corde annodate e una cassa di risonanza posta alla base dello strumento che veniva poggiato a terra.
Nel nuovo regno questo strumento fu ulteriormente perfezionato vennero costruiti esemplari di magnifica fattura alti circa due metri con cinque corde che venivano suonate appoggiandole su una spalla.
Il Museo del Louvre conserva un’arpa angolare risalente all’epoca tarda con la singolare lavorazione del legno rivestito in cuoio verde.
Nel Nuovo Regno, grazie agli scambi commerciali con il vicino oriente, furono introdotti in Egitto nuovi strumenti musicali come il liuto e la lira. I primi strumenti musicali di cui si trova testimonianza scritta nei testi egiziani sono gli idiofoni, oggetti che producevano un suono simile al battito delle mani ed erano costituiti da due semplici bastoncini a percussione reciproca di legno o avorio.
Nel Museo Egizio del Cairo e in quello di Torino sono conservati bellissimi esemplari di questo strumento riprodotto anche sotto forma di braccio semi curvo con decorazioni di fior di loto e immagini della dea Hathor. Oltre i tamburelli, il flauto obliquo, dritto o doppio ed i clarinetti, uno degli strumenti più utilizzati già dall’antico regno era il sistro, solitamente creato in bronzo era formato da una forcella posta su un manico sopra il quale erano fissate delle piccole aste trasversali, scuotendo lo strumento si otteneva un suono che assomigliava ad un tintinnio.
Il sistro suonato dalle sacerdotesse durante le cerimonie religiose veniva chiamato “sekhem”, mentre il sitro “sesheshet” prodotto con materiali preziosi era un semplice oggetto di culto simbolico.
Frequenti raffigurazioni tombali riportano immagini di ballerini ed acrobati che piegavano i loro corpi durante le esibizioni di danza che accompagnavano le processioni religiose o allietavano i banchetti reali. I ballerini si esibivano in coppia o in gruppi più o meno numerosi, la danza era un divertimento indispensabile per rallegrare i banchetti reali ed era considerata l’espressione naturale della gioia. La tomba di Tebe appartenuta a Kheruef, scriba reale sotto Amenhotep III, contiene una pittura che rappresenta il giubileo reale, durante la cerimonia sono raffigurati trenta danzatori che eseguono una complessa coreografia.
La “danza degli specchi” era un ballo che vedeva un gruppo di giovani donne muovere armoniosi passi, le fanciulle erano vestite con lunghi abiti bianchi, gioielli multicolore e un’acconciatura formata da lunghe trecce che terminavano con dischi di metallo colorato, in mano le donne tenevano degli specchi con manici decorati con immagini della dea Hathor.
Le danze facevano parte anche delle cerimonie religiose, nel medio regno alcune celebrazioni funebri erano accompagnate dai “Muu” degli attori / danzatori che accompagnavano i defunti fino all’ingresso della necropoli. In seguito ai frequenti contatti dell'Egitto con il vicino oriente la musica e la danza subirono le influenze asiatiche, la danza diventò più sensuale e i movimenti si fecero più flessuosi ed aggraziati, le lunghe vesti delle ballerine si trasformarono in abiti succinti, spesso ridotti a corti e trasparenti gonnelline.
Articolo a cura di Silvia B.