Una giornata importante quella di ieri in Egitto, ricca di decisioni strategiche per il futuro del paese. Innanzitutto l'esercito ha dichiarato che l'ex presidente egiziano Hosni Mubarak e la sua famiglia sono stati posti agli arresti domiciliari, con il divieto di lasciare il paese, smentendo così la notizia che Mubarak, per ragioni di salute, sia andato in Arabia saudita.
Subito dopo il generale Mahmud Shahin, ha reso nota l'agenda dei prossimi mesi chiarendo che la "legge d'emergenza", in vigore in Egitto dall'assassinio di Sadat, ottobre 1981, sarà abolita prima del voto legislativo, elezioni che si terranno a settembre, per poi esser seguite da quelle presidenziali. Terzo punto. L'alto ufficiale ha fatto riferimento a una nuova legge che riduce i requisiti per la formazione di nuovi partiti: per il riconoscimento di una nuova formazione politica sarà sufficiente l'adesione di 5mila iscritti provenienti da almeno 10 delle 29 province egiziane. I requisiti e i limiti per la formazione di un nuovo partito - ha detto Shahin - incluso il divieto di formare partiti su base religiosa, razziale o etnica, saranno messi a punto da una commissione di magistrati. Punto molto interessante che meriterà ulteriori approfondimenti per verificare il grado di laicità del nuovo Egitto.
L'abolizione della legge di emergenza è stata tra i primi obiettivi dei promotori della rivolta del 25 gennaio. In base a quella norma la disciolta Sicurezza dello Stato ha messo in carcere decine di migliaia di persone e le ha tenute prigioniere per anni senza alcuna incriminazione. Insomma in Egitto si ritorna gradualmente all'habeas corpus, cioè alla salvaguardia delle libertà individuali. Inoltre spesso la polizia prolungava senza limiti la detenzione di condannati che avevano finito di scontare la loro pena.
Quarto punto. L'esercito ha chiarito anche che non tollererà l'anarchia nei luoghi di lavoro e che predisporrà un progetto di legge che vieta le manifestazioni sindacali che possono «perturbare il lavoro negli uffici pubblici o privati». La norma tende a porre un freno alle manifestazioni sindacali spontanee e senza alcuna regolamentazione che si sono moltiplicate nel tessuto economico egiziano. Il governo, che ieri ha assistito alla ripresa in territorio positivo della Borsa del Cairo, ha sottolineato che la legge - al vaglio dei militari - verrebbe applicata soltanto finché sarà in vigore lo stato d'emergenza. La norma si è resa necessaria perché il clima sociale resta teso. Da ultimo ieri i dipendenti della radiotelevisione di stato (Ertu) hanno annunciato che da oggi cominceranno un sit-in per ottenere il licenziamento degli attuali dirigenti e aumenti salariali, replicando uno schema ormai noto: richieste di ricambio dei vertici e aumenti di stipendi.