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finanziamenti provenienti dal sistema delle imposte e la donazione di terreni dai quali trarre le risorse necessarie) con le quali il tempio possa autosostenersi, arricchirsi e prosperare24.Il ruolo dei privati, a partire dall’Antico Regno fino al Terzo periodo Intermedio, è dunque subalterno: ad essi il Faraone può al massimo affidare la supervisione o la direzione dei lavori, mentre nessuna libera iniziativa è loro concessa; ciò nonostante accade spesso che, nel realizzare fedelmente il progetto del loro faraone e nel distinguersi per il loro privilegio presso i loro concittadini, essi giungano ad ottenere onori degni di una divinità e siano considerati dal popolo in possesso di proprietà guaritrici e taumaturgiche:
nell’Antico Regno si tratta del “mitico” Imhotep, architetto e sovrintendente ai lavori del faraone Djoser (III dinastia), che in epoca greca fu assimilato al dio guaritore Asclepio;
nel Medio Regno di Montuhotep, visir e soprintendente ai lavori sotto Sesostri I (XII dinastia);
nel Nuovo Regno di Senenmut, sotto la regina-faraone Hatschepsut (XVIII dinastia); ancora del ben noto Amenhotep figlio di Hapu, soprintendente alle opere regie di Amenhotep III (XVII dinastia)25.
La loro figura, però, non può essere associata propriamente a quella dell’evergeta privato: essi costituiscono piuttosto l’esempio del “funzionario modello”, aperto ai bisogni del popolo e nello stesso tempo fedele servitore ed esecutore della volontà del Faraone.
Un’eccezione, però, sembra esserci offerta da alcune iscrizioni provenienti dalle tombe di Mo’alla, sito dell’Alto Egitto tra Armant ed Esna, datate al Primo Periodo Intermedio26.
Qui sono state scavate, in particolare, due sepolture appartenenti a due nomarchi locali, forse legati da vincoli di parentela: Ankhtify e Sobekhotep.
Se la tomba di Sobekhotep conserva solo frammenti di iscrizioni, troppo esigui per ricavarne qualcosa di definito in merito al nostro tema di ricerca, ben diversa è la situazione di quella di Ankhtify, nella quale sono state ritrovate 15 iscrizioni geroglifiche a carattere autobiografico, distribuite sui pilastri della tomba, che ci parlano dettagliatamente della vita e delle opere di questo personaggio.
Ankhtify vive e opera in un periodo assai travagliato per l’Egitto, caratterizzato da un progressivo indebolimento del potere centrale, dopo la morte in età veneranda del sovrano Pepi II, e dall’emergere di forti personalità isolate: si distinguono soprattutto i nomarchi
24 Per un esempio relativo alla XXV dinastia si veda D. MEEKS, op. cit., pp. 607-608.
25 Per la sua figura, e la sua popolarità presso la popolazione, nonché per gli altri personaggi si veda il recente articolo di J. M. GALAN, “Amenhotep son of Hapu as Intermediary between the People and God”, in “Egyptology at the Dawn of the Twenty-first Century – Proceedings of the eighth International Congress of Egyptologists” – Cairo 2000, pp. 221-229.
26 Le sepolture sono state pubblicate da J. VANDIER, “Mo’alla, la tombe d’Ankhtifi et la tombe de Sobekhotep ” – IFAO (Cairo 1950).
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