Storie favolose alla corte del re Cheope e la magica nascita dei tre figli del re
Alla corte di re Cheope [Cheope (Khufu)] i principi intrattengono il loro padre raccontando storie affascinanti. Del racconto del tempo del re Djoser sono rimaste solo le ultime frasi: quelle del sacrificio alla memoria dell'avo. E così che il principe Chephren inizia il suo racconto. Leggiamo:
Il principe Chephren si levò per parlare e disse: "Alla tua maestà faccio udire un miracolo che avvenne al tempo del tuo avo, il re Nebka, il beato, "allorché si recava al tempio di Ptah, il signore di Menfi. In quel tempo, allorché sua maestà andò (a Menfi, fece un grande sacrificio per la festa e ordinò) al sommo sacerdote e lettore Uba-oner di accompagnarlo. La moglie di Uba-oner (nel frattempo mandò la sua serva da un uomo più povero) e gli fece portare una cassa di vestiti. Egli arrivò con la serva e trascorsero assieme una bella giornata di festa. Presso il laghetto nel giardino di Uba-oner c'era un capanno (1) e l'uomo disse alla moglie del sommo sacerdote: "C'è un capanno qui nel giardino. Ebbene, trascorriamoci un'ora amoreggiando!". Allora la moglie disse al custode del giardino: "Fa' preparare il capanno che sta presso lo stagno!". Quindi si avviò verso il capanno e vi trascorse l'intera giornata con l'uomo, bevendo, fino al tramonto. (Dopodiché l'uomo si alzò, poiché voleva farsi il bagno nello stagno.) La serva lo condusse giù ma il custode lo vide e pensò: "(Lo dirò) a Uba-oner".
Quando fu luce sulla terra e cominciò il nuovo giorno, il custode del giardino corse da Uba-oner e gli raccontò l'accaduto... Questi gli disse: "Vai a prendere i (miei libri e gli strumenti magici dalla cassa) di ebano e oro. Creerò (un vendicatore) e lo manderò da lui come mio messaggero". Formò poi un coccodrillo di cera lungo sette dita e recitò una formula magica: "Quando verrà per fare il bagno nel mio laghetto, (allora ghermirai quell'uomo!)". Poi lo diede al custode e gli disse: "Quando l'uomo scenderà nello stagno, come fa tutti i giorni, allora gettagli dietro il coccodrillo!". Il custode partì in gran fretta, portando con sé il coccodrillo di cera. La moglie di Uba-oner fece dire di nuovo al custode del giardino: "Fa' preparare il capanno che si trova presso lo stagno del giardino poiché, vedi, sto arrivando e voglio rimanerci un po"'. Il capanno fu riempito d'ogni sorta di cose buone e le due - la moglie e la serva - si avviarono e vi trascorsero una bella giornata festeggiando assieme all'uomo.
Quando fu sera l'uomo andò verso (lo stagno) come faceva tutti i giorni. Il custode gettò il coccodrillo di cera in acqua dietro di lui: si trasformò in un coccodrillo lungo sette cubiti e ghermì l'uomo. Nel frattempo Uba-oner trascorse sette giorni presso la maestà di re Nebka, mentre l'uomo rimase immerso nelle profondità dello stagno, senza respirare.
Passati i sette giorni, re Nebka si accinse (a tornare nel suo palazzo) e il sommo sacerdote e lettore gli si fece innanzi. Parlò poi (a lui: "Mi è con-cesso dire una cosa? Voglia la tua maestà venire a vedere il miracolo accaduto durante il tuo regno". (Il re andò con lui verso lo stagno) di Uba-oner e questi chiamò il coccodrillo con le parole: "Porta su l'uomo!". Il sommo sacerdote e lettore disse poi: "Ghermiscilo ancora!". Così quello lo trascinò via di nuovo. Allora (Uba-oner) fece (riportare di nuovo l'uomo) e lo (fece posare davanti a sua maestà). Sua maestà il re Nebka disse: "Questo coccodrillo è veramente orrendo!". Il sommo sacerdote si inginocchiò, lo prese e nelle sue mani tornò a essere un coccodrillo di cera. Uba-oner raccontò a sua maestà il re Nebka quello che l'uomo aveva fatto nella sua casa con sua moglie. Allora il re disse al coccodrillo. "Prenditi la tua preda!". Il coccodrillo si immerse nelle profondità del laghetto e nessuno è mai riuscito a sapere dove fosse andato a finire con l'uomo. In seguito re Nebka fece portare la moglie del sommo sacerdote allo scorticatoio a nord della residenza, la fece bruciare e (le sue ceneri) furono gettate nel fiume. Vedi, ai tempi del tuo avo Nebka è avvenuto un simile miracolo, uno di quelli compiuti dal sommo sacerdote lettore Uba-oner".
Sua maestà il re Cheope disse allora: "Si offrano mille pani, cento boccali di birra, un montone e due pallette di incenso a re Nebka, il beato, e si offrano un dolce, un boccale di birra, un pezzo di carne e una palletta di incenso al sommo sacerdote lettore Uba-oner, poiché ho ascoltato una prova della sua maestria".
Si fece tutto ciò che era stato ordinato da sua maestà.
Dopodiché il principe Bàufré si alzò in piedi per parlare e disse: "Farò ascoltare alla tua maestà un miracolo avvenuto ai tempi di tuo padre Snofru, il beato, uno di quelli fatti dal sommo sacerdote e lettore Djadja-emanch, qualcosa che risplende sul passato e... che sino a oggi non si è più ripetuta e che neanche prima d'allora era mai successa. Un giorno re Snofru passeggiava per le stanze del palazzo e cercava di distrarsi, ma senza successo. Ordinò dunque: "Cercate e mandatemi il sommo sacerdote lettore e scriba Djadja-em-anch!". Gli fu subito mandato. Sua maestà gli disse: "Passeggiavo attraverso le stanze del palazzo alla ricerca di una em-anch gli disse: "Che sua maestà vada al laghetto del palazzo! Faccia salire su una barca tutte le belle ragazze del palazzo. Il cuore della tua maestà si rallegrerà nel vederle remare in su e in giù. E quando vedrai i bei nidi degli uccelli del tuo lago, i campi circostanti e i dolci lidi, il tuo cuore si rallegrerà".
(Sua maestà rispose): "Allora inizierò il mio viaggio sulla barca a remi. Mi si portino venti remi di ebano ricoperti d'oro, con i manici di sandalo ricoperti di oro bianco. Mi si portino inoltre venti donne dal corpo perfetto e seni (giovani) e con i capelli intrecciati, che siano vergini. Mi si portino inoltre venti reti di (perle) e si diano queste reti alle donne, al posto dei vestiti".
Si fece tutto ciò che sua maestà aveva ordinato. Le ragazze remavano in su e in giù e il cuore di sua maestà si rallegrò a vederle. Ma a una delle prime rematrici cadde in acqua un monile da pesca azzurro. Allora ammutolì (2) e smise di remare e con lei ammutolì tutta la sua fila, smettendo di remare. Sua maestà disse: "Non volete più rema-re?". Esse risposero: "La nostra prima rematrice ha smesso di remare!". Sua maestà disse alla prima rematrice: "Vuoi che ti dia un altro amuleto?", ma lei rispose: "Preferisco quello mio a un altro". Il re disse: "Andate e portatemi il sommo sacerdote delle letture Djadja-em-anch" e gli fu subito portato.
Sua maestà parlò: "Djadja-em-anch, fratello mio, ho fatto come mi avevi detto e il cuore della mia maestà si è risollevato nel vederle remare. Ma improvvisamente a una delle prime rematrici è caduto in acqua il nuovo monile da pesca turchese: è ammutolita, ha smesso di remare e ha disturbato la sua fila. Le dissi: `Perché non remi più?', e lei mi rispose: `Perché mi è caduto in acqua il mio nuovo monile da pesca turchese'. Le ordinai: `Rema! Io stesso te lo sostituirò', ma lei mi rispose: `Preferisco quello mio a un altro’”. Il sommo sacerdote delle letture Djadja-em-anch recitò allora alcune formule magiche e piegò una metà dell'acqua sull'altra, trovando il monile da pesca su una pietra. Lo prese e fu restituito alla legittima proprietaria. L'acqua però, che al centro era profonda dodici cubiti, dopo esser stata piegata a metà, raggiungeva ora i ventiquattro cubiti. Allora recitò altre formule magiche e rimise l'acqua del lago al suo posto. Sua maestà festeggiò quella bella giornata assieme all'intera corte reale e fece poi ricompensare il sommo sacerdote delle letture Djadja-em-anch con ogni genere di bei doni. Ecco, questo è il miracolo che avvenne al tempo di tuo padre Snofru, il beato, uno di quelli compiuti dal sommo sacerdote delle letture e autore di libri Djadja-em-anch". La maestà del re Cheope allora disse: "Si offrano mille pani, cento boccali di birra, un montone e due pallette di incenso alla maestà di re Snofru, il beato, e un dolce, un boccale di birra e una palletta di incenso al sommo sacerdote delle letture e autore di libri Djadja-em-anch, poiché ho avuto una prova della sua maestria".
Si fece tutto ciò che sua maestà aveva ordinato.
Si levò poi a parlare il principe Djedefhor e disse: "(Finora hai sentito solo esempi) di ciò che sapevano fare i morti ed è impossibile distinguere la verità dalla menzogna. Ma oggi, durante il tuo regno esiste uno che ti è sconosciuto (e che è un grande mago)". Sua maestà disse: "Di chi si tratta, Djedefhor, figlio mio?". Il principe rispose: "C'è un uomo di nome Djedi che abita nella città della piramide di re Snofru, il beato. E un vecchio di centodieci anni che ogni giorno mangia cinquecento pani, la carne di mezzo montone e beve cinquecento boccali di birra (3). E’ capace di riattaccare una testa mozzata; si porta dietro un leone lasciando che il guinzaglio strusci per terra. Inoltre conosce il numero dei Naoi del santuario di Thoth". Sua maestà il re di Cheope aveva trascorso già molto tempo alla ricerca dei Naoi del santuario di Thoth, per costruirsi una cosa identica presso la sua piramide. Disse perciò: "Tu stesso, Djedefhor, figlio mio dovrai andare e portarmi (Djedi)". Furono immediatamente preparate le navi per il principe Djedefhor ed egli navigò risalendo il Nilo sino alla città della piramide di Snofru, il beato. Quando le navi toccarono la riva, salì su una portantina di legno d'ebano, che aveva le assi di legno pregiato e rivestito d'oro e imboccò la via che conduceva all'interno. Una volta arrivato da Djedi la portantina fu posata a terra. Egli si alzò per salutarlo e lo trovò che stava nel cortile di casa sua, sdraiato su una stuoia. Un servo gli teneva e gli massaggiava la testa, un altro i piedi. Il principe Djedefhor disse: "Hai l'aspetto di un uomo che abbia la vecchiaia ancora davanti a sé - se vecchiaia significa approssimarsi all'ora estrema, venire avvolti in un sudario ed essere inumati. Sembri un uomo che dorme sino al mattino, libero da acciacchi e senza la tosse dei vecchi". E così che si saluta qualcuno degno di venerazione (4). "Sono venuto qui su incarico di mio padre Cheope: anche tu dovrai mangiare le cose preziose offerte dal re e i pasti riservati a coloro che stanno al suo servizio. Dopo un periodo di tempo trascorso felicemente egli ti accompagnerà presso i tuoi padri, che riposano nei campi degli dèi".
Djedi rispose: "Pace, pace a Djedefhor, figlio di re, che ama suo padre! Che tuo padre Cheope possa lodarti! Ti promuova nel suo consiglio degli anziani! Che il tuo spirito combatta contro i nemici e la tua anima possa conoscere i sentieri che conducono alla porta della cittadella che accoglie gli stanchi" (5). Così si saluta un principe. Allora il principe Djedefhor tese le mani e lo sollevò in piedi; poi, offrendogli il braccio, andò con lui verso la riva del fiume. Djedi disse: "Fammi avere una barca personale, affinché trasporti i miei discepoli e i miei libri"; gli furono date due navi con l'equipaggio. Djedi ridiscese il Nilo con la nave assieme a Djedefhor. Una volta giunto nella residenza, il principe Djedefhor entrò per fare rapporto alla maestà del re Cheope e disse: "O re, mio signore, ho portato qui Djedi"; sua maestà rispose: "Fallo venire velocemente!", e si avviò nella grande sala del palazzo. Djedi fu condotto al suo cospetto ed egli disse: "Com'è possibile, o Djedi, che non mi è stato ancora concesso di vederti?". Djedi rispose: "Chi è chiamato si presenta. Sono stato chiamato ed ecco, sono giunto". Sua maestà allora gli domandò: "E vero quel che si dice, che tu saresti in grado di riattaccare una testa mozzata?". Djedi rispose: "Sì, ne sono capace, o re mio signore". Sua maestà ordinò: "Mi si porti un prigioniero incarcerato, affinché venga giustiziato". Djedi però disse: "Non la testa di un uomo, o re mio signore. E proibito far ciò al gregge sacro (a Dio)" (6). Venne portata dunque un'oca del Nilo e le fu mozzata la testa. L'oca fu posta sulla parte occidentale della grande sala e la testa in quella orientale. Djedi pronunciò alcune formule magiche: l'oca si risollevò e barcollò con la testa riattaccata. Quando una parte si fu ricongiunta con l'altra stava lì e starnazzava. Gli fu portato poi un uccello dalle gambe lunghe e fece la stessa cosa. In seguito sua maestà gli fece portare un manzo e anche la sua testa fu mozzata. Djedi pronunciò alcune parole magiche e il manzo si risollevò (così pure il suo corpo. Quando le due parti si furono ricongiunte il manzo cominciò a muggire. Quindi sua maestà chiese a Djedi: "È vero ciò che si racconta, che saresti in grado di trascinarti dietro un leone, lasciando strusciare il guinzaglio per terra?" Djedi rispose: "Sì, posso farlo, o re mio signore". Allora gli fu portata una gabbia con il leone che tirava violentemente la corda alla quale era legato. Djedi pronunciò alcune parole magiche, lo fece uscire e l'animale lo seguì) mentre la fune era caduta per terra.
Il re Cheope disse: "Mi hanno anche detto che tu conosceresti il numero dei Naoi del santuario di Thoth". Djedi rispose: "O re, mio signore, mi consenta: io non conosco il loro numero, ma solo il posto (dove si trova il loro elenco)". Sua maestà obbiettò: "E dove?". Lui rispose: "A Eliopoli c'è una cassa di pietra in una camera che si chiama "archivio". In questa cassa c'è (l'elenco)". (Sua maestà disse: "Portamela velocemente".) Djedi però rispose: "O re, mio signore, io non te la posso portare". Il re gli domandò: "E chi allora?". Djedi disse: "Il più grande dei tre bambini in grembo a Redg'edet". Sua maestà disse allora: "Sta bene così! Ma cosa stai dicendo: chi è questa Redg'edet?". Djedi gli rispose: "E la moglie di un sacerdote di Ra, il signore di Sachbu (nella parte meridionale del Delta). ed è incinta di tre figli concepiti con Ra. Il dio le ha detto che loro (i figli) eserciteranno la funzione di pastori (cioè di re) in tutta questa terra e che il primogenito diventerà sommo pontefice di Eliopoli". Il re, sentito ciò, si rattristò in cuor suo. Ma Djedi disse: "Perché questa tristezza, mio re? E per via dei tre bambini? A tal proposito posso dirti che dopo di te salirà al trono prima tuo figlio, poi il figlio di questi, e solamente allora uno di loro". Sua maestà gli chiese: "Quando partorirà Redg'edet?". Djedi disse: “Il quindicesimo giorno del primo mese invernale". Al che sua maestà replicò: "E proprio nel periodo in cui i banchi di sabbia del canale-dei-due-pesci sono in secca, altrimenti io stesso lo attraverserei per andare a visitare il tempio di Ra a Sachbu". Djedi rispose: "Farò in modo che i banchi di sabbia del canale-dei-due-pesci siano coperti da quattro cubiti d'acqua".
Sua maestà tornò poi al palazzo dove viveva e disse: “Si diano istruzioni a Djedi, affinché (vada) in casa del principe Djedefhor e si faccia in modo che abiti con lui. Si fissi il suo pagamento a mille pani, cento boccali di birra, un montone e cento fasci di verdura".
Uno di quei giorni capitò che Redg'edet cominciasse ad avere le doglie, e il suo parto si presentò difficile. Allora la maestà di Ra, signore di Sachbu parlò a Iside, a Nefti, a Meskhent (dea del parto), alla (patrona delle nascite) Hecket e a Khnum (dio creatore): "Vi prego, andate e fate partorire a Redg'edet i tre bambini che ha in grembo e che avranno la carica di re in tutta la terra d'Egitto. Costruiranno templi in vostro onore, si occuperanno dei vostri altari, terranno ricche le tavole delle vostre libagioni e aumenteranno i vostri sacrifici". Le divinità si avviarono dopo essersi trasformate in danzatrici. Khnum le accompagnava e portava il loro bagaglio. Giunsero così alla casa di Ra-user. Lo trovarono che se ne stava in piedi, coi vestiti sottosopra e gli presentarono i menit e i sistri (7).
Lui disse loro: "Gentili signore: c'è una donna che ha le doglie e il cui parto è difficile", e loro risposero: "Mostracela! Noi infatti ci intendiamo di parti". Ra-user rispose: "Andate da lei!". Entrarono dunque da Redg'edet e si chiusero nella stanza. Iside le si mise davanti, Nefti dietro e Hecket accelerò la nascita. Iside disse: " Userkaf (8), nel nome tuo: non essere troppo possente nel suo grembo". Allora il neonato scivolò sulle loro braccia, un bambino lungo un cubito dalle ossa robuste. La targhetta col suo nome (9), attaccata al corpo, era dorata e la benda che gli avvolgeva la testa era di vero lapislazzuli. Lo lavarono, gli tagliarono il cordone ombelicale e lo posero su un cuscino. Allora Meskhent andò verso di lui e disse: "Un re che regnerà su tutta la terra"; nel frattempo Khnum gli diede un corpo sano. Iside si mise nuovamente davanti a loro, Nefti dietro e Hecket accelerò il parto. Iside disse: “Ti invoco col tuo nome, Sahuré, non dare calci al suo grembo". Allora il bimbo scivolò sulle loro braccia, un piccolo lungo un cubito, dalle ossa robuste. La targhetta col suo nome era dorata e la benda che gli avvolgeva la testa di vero lapislazzuli. Lo lavarono e, dopo avergli tagliato il cordone ombelicale, lo posero su un cuscino. Meskhent gli si avvicinò e disse. "Un re, che regnerà su tutta la terra" e Khnum gli diede un corpo sano.
Iside si mise nuovamente dinnanzi a loro, Nefti dietro e Hecket accelerò il parto. Iside disse: "Ti invoco col tuo nome, Keku, non essere brusco nel suo grembo". Allora il bimbo scivolò sulle loro braccia: un piccolo lungo un cubito, dalle ossa robuste. La targhetta col suo nome era dorata, la ben-da che gli avvolgeva la testa di vero lapislazzuli. Lo lavarono e, dopo avergli tagliato il cordone ombelicale, lo posero su un cuscino. Meskhent gli si avvicinò e disse. "Un re che regnerà su tutta la terra" e Khnum gli diede un corpo sano (10). Dopo aver fatto nascere a Redg'edet i tre bambini, le divinità uscirono e dissero: "Gioisci, o Ra-user! Vedi, ti sono nati tre bambini". Egli rispose: "Mie signore, cosa posso fare per voi? Vi prego di dare questo sacco di orzo al vostro facchino e di accettarlo come pagamento: potete farci la birra!". Khnum si caricò il sacco di orzo e si avviarono per tornare da dove erano venuti.
Iside disse allora agli dèi: "Che cos'è successo? Perché siamo andati da lei senza fare un miracolo per i bambini, in modo da poterlo poi raccontare al padre loro (Ra) che ci pregò di andare?". Fabbricarono tre corone, le infilarono nel sacco d'orzo e crearono in cielo tempesta e pioggia. Tornarono poi alla casa (di Ra-user) e dissero: "Per favore, metti questo sacco d'orzo in una stanza chiusa a chiave, finché non torneremo dal ballo del nord". Il sacco fu chiuso a chiave in una stanza. Redg'edet per quattordici giorni si purificò (11) e poi disse alla sua serva: "La casa è rifornita?". Lei rispose: "Si è provveduto a rifornirla con ogni genere di cose buone, all'infuori dei vasi di frumento, poiché non ne è stato portato nessuno". Redg'edet disse: "Perché non è stato portato nessun vaso?". La serva continuò: "Qui non c'è niente di simile, a parte il sacco d'orzo per le ballerine, che sta nella stanza chiusa a chiave". Redg'edet disse: "Va' giù e prendi un po' d'orzo! Ra-user lo restituirà, una volta tornato". Allora la serva si affrettò, aprì la stanza e sentì un rumore di canto e di musica, di ballo e di festa, in breve di tutto quanto si sia soliti offrire a un re. Salì in fretta e raccontò a Redg'edet tutto quello che aveva sentito. Quest'ultima girò per tutta la stanza, ma non riuscì a trovare il punto da cui provenisse la musica. Poi appoggiò la tempia sul sacco e scoprì che veniva dal suo interno. Lo chiuse in una cassa, in un'altra ancora e lo annodò con una cinghia di cuoio. Poi mise tutto nella stanza dov'erano riposte le sue provviste e la chiuse a chiave. Quando Ra-user tornò dai campi, Redg'edet gli raccontò questa storia: egli ne fu contentissimo, si sedettero e passarono assieme una bella giornata, festeggiando. Passati alcuni giorni, Redg'edet rimproverò la serva e la fece battere per punizione. La serva disse alle persone che erano in casa: "Quello che ha fatto era lecito? Ha dato alla luce tre re. Adesso voglio andare a dirlo a re Cheope".
Si avviò e incontrò il fratello maggiore, da parte di madre, mentre questi era nell'aia a legare covoni di lino. Lui le chiese: "Dov'è che te ne vai, ragazzina?". Lei gli raccontò quanto era accaduto. Ma il fratello continuò: "Ti sembra una cosa giusta, quella che stai facendo, cioè venire da me e coinvolgermi nella denuncia?". Prese poi una corda di lino e le diede una gran frustata. La serva corse a prendere un secchio d'acqua e fu presa da un coccodrillo. Il fratello andò allora da Redg'edet per raccontarle quello che era successo. La trovò seduta, con la testa appoggiata sulle ginocchia e il cuore triste. Le disse: "Mia signora, perché sei in questo stato d'animo?". Lei rispose: "E per la piccola, è cresciuta in questa casa. Vedi, è fuggita via dicendo: "Voglio andare a denunciare il fatto"". Allora lui abbassò la testa e disse: "Mia signora, in realtà è venuta da me per raccontarmi l'accaduto e io le ho dato una grande frustata. Allora è andata a cercare dell'acqua ed è stata portata via da un coccodrillo".
Qui termina il manoscritto; l'estensore non ha ricopiato la fine del racconto. Comunque si fosse svolta l'ultima parte, una cosa è certa: tutte le successive persecuzioni di Cheope (12), - causate non solo dalla denuncia -, (anche Erodoto ci racconta i medesimi avvenimenti che coinvolsero questo regnante malvisto) rimasero senza esito, tanto che i bambini arrivarono a governare. Il destino dei tre gemelli si compie così come gli dèi hanno deciso.
NOTE
Fonte: Il papiro Westcar, il papiro 3033 di Berlino (pubblicato da A. Erman, Die Mar¬chen des Papyrus Westcar, Berlin 1890; per l'edizione più recente cfr. W. K. Simpson (a cura di), The Literature of Ancient Egypt, New Haven and London 1972, pp. 15-30, e (in forma incompleta) da M. Liechtheim, Ancient Egyptian Literature, cit., pp. 215-29. E l'unico manoscritto che raccoglie questo testo e fu probabilmente redatto nel XVII sec. a.C., in scrittura ieratica (primo periodo degli Hyksos). Si basa su un modello risalente alla XII dinastia (ca. 2000 a.C.) e potrebbe costituire un racconto popolare molto più an¬tico. Esso narra le vicende di un cantore che descrive con toni fiabeschi il passaggio dalla IV alla V dinastia. Alcune parti del testo, compilato in tempi diversi, sono forse più recenti.
Spiegazione. Nonostante manchino sia la parte iniziale che quella finale, è possibile ri¬costruire il contenuto della fiaba. Se è vero che Cheope aveva nove figli, altri sei racconti magici che formano la parte iniziale della storia forse sono andati persi. Gli eventi mira¬colosi si riallacciano al passato, anche se l'autore non era più a conoscenza della esatta cronologia degli eventi. Lo stesso principe Djedefhor, che porta alla corte di re Cheope il mago ancora vivo, era considerato un saggio e continuava a essere venerato addirittura un millennio più tardi. L'ultimo racconto magico si riallacciava a eventi dell'epoca e segnava un passaggio dal divertimento alla serietà. Punto d'arrivo di questo racconto lungo e artisticamente ben strutturato è la nascita sovrannaturale dei tre figli del re. La cesura — storicamente molto importante — fra i costrut¬tori di piramidi della IV dinastia e gli adoratori del sole della V (i cui santuari si trovano presso Abusir, a sud di Giza) è rappresentata dalla magica nascita dei tre gemelli, vista come frutto della volontà divina.
Note
1) Il giardino con lo stagno e il capanno erano tipici di ogni nobile casa egiziana.
2) La prima rematrice «ammutolì», cioè interrompe la sua canzone. Che le rematrici can¬tassero era un fatto talmente naturale, che non vi si accennava esplicitamente. Ancora og¬gi si assiste in Egitto al "lavoro e al ritmo". Smettere di cantare è una reazione compren¬sibile alla perdita del monile con il pesce, se si considera che, per la nubile, questo era un simbolo rivitalizzante legato alla dea Hathor e che la gita in barca veniva fatta in onore di questa dea, con le rematrici nella veste di serve di Hathor. Il monile è dunque una compo¬nente essenziale di tutta la storia della gita in barca e non solo uno dei fattori scatenanti delle magie di Djadja-em-anch.
3) L'appetito del vecchio saggio sta a indicare la sua forza giovanile. La bella età di «110 anni» rappresentava la lunghezza di vita ideale per gli Egiziani. Fu raggiunta anche da Giacobbe in Egitto (cfr. Genesi 50, 26).
4) «È così che si saluta...»: in entrambi i casi probabilmente non si tratta di una annota¬zione del narratore (che con ciò avrebbe inserito una terza dimensione all'interno della narrazione) ma è parte integrante del racconto.
5) «La cittadella che accoglie gli stanchi» è il regno dei morti.
6) II fatto che Djedi si rifiuti di sperimentare la sua magia su un uomo, anche se condan¬nato a morte, ne rivela l'alta statura etica ed è l'immagine rovesciata della crudeltà del re. Il «gregge sacro» è un complemento del "buon pastore", termine con cui a volte viene indicato il signore.
7) Menit e sistri sono strumenti di culto; il menit è una catena da portare al collo, il sistro è un sonaglio. Venivano utilizzati per placare gli dèi che in questo caso li usano dinnanzi a Rà-user, forse come gesto di omaggio nei confronti del genitore.
8) Le parole di scongiuro di Iside rappresentano ogni volta un gioco di parole riferito ai nomi dei figli (a proposito dei nomi cfr. n. 16). Questo modo di dare i nomi (paronomasia) era diffuso in Egitto, ma lo ritroviamo anche nell'Antico Testamento (cfr. Genesi 35, 18). Per quanto riguarda gli dèi che intervengono al momento del parto, cfr. il racconto n.11.
9) I bambini vengono descritti allo stesso modo delle statue divine. Sulla «targhetta col suo nome» è inciso uno dei cinque nomi reali che venivano scritti sull'avambraccio, su una targhetta collocata sul petto o sulla cintura.
10)In questo punto lo scriba ha invertito l'ordine di due frasi (corrette dalla curatrice dell'opera). A p. 40 abbiamo inoltre inserito il passo sul leone.
11) Circa la purificazione della donna cfr. Levitico 12, 2 e 12, 5.
12) La persecuzione di Cheope ricorda la strage degli innocenti che Erode ordinò a Be¬tlemme. Sui rapporti fra la storia del parto e il nostro Vangelo natalizio cfr. n. 11. Per quanto riguarda la persecuzione del re nemico cfr. Fr. von der Leyen, Die Welt der Mdr¬chen, Diederichs Verlag, [s.l.], 1953, vol.I, p. 151.