L'evoluzione culturale e le condizioni geografico-ambientali sono fattori strettamente interdipendenti e l'Egitto illustra in modo esemplare questo reciproco legame. La valle del Nilo è un'oasi fluviale situata tra due deserti: a ovest si apre la vasta distesa del Sahara, a est frastagliate cime montuose separano l'Egitto dal Mar Rosso. Solo a nord-est uno stretto varco, attraverso la costa settentrionale del Sinai, permette il passaggio verso la Palestina e l'Asia anteriore.

Il cammino Egizio verso la civiltà

di Stephan Seidlmayer

Ambiente naturale e cultura

La valle del fiume, ben delimitata e protetta dal mondo esterno, si allarga a nord della prima cateratta, presso Assuan, in una pianura alluvionale via via più ampia, finché il fiume, a nord del Cairo, non si divide in numerosi bracci, formando il Delta del Nilo. Nella valle le precipitazioni sono scarse, ma la piena annuale del Nilo, a estate inoltrata, garantisce condizioni agricole stabili. Questi fattori ambientali sono sempre stati considerati, e a ragione, i presupposti fondanti della civiltà faraonica, di cui hanno determinato l'eccezionalità.

Gli scenari, tuttavia, non erano sempre gli stessi. Se si esplorano infatti le radici preistoriche della cultura egizia è necessario valutare anche il mutamento dell'ambiente geografico. Le condizioni climatiche subivano notevoli oscillazioni. Due i fattori da considerare: le precipitazioni e le piene del Nilo. Mentre queste ultime influenzarono la qualità della vita nella valle, le prime determinarono l'abitabilità delle adiacenti zone desertiche e regolarono di volta in volta i rapporti tra la valle del Nilo e le terre circostanti, tra i suoi abitanti e le popolazioni vicine.

Gli albori

Le prime testimonianze di una presenza umana nella valle del Nilo risalgono agli inizi del Paleolitico e sono costituite da utensili in pietra. E tuttavia impossibile rilevare nell'Egitto di allora caratteristiche proprie di un'area culturale. Tratti significativi in questo senso emersero infatti solo a partire dal Paleolitico superiore, tra il 25.000 e il 10.000 a.C., quando un periodo di estrema siccità attirò nella valle i primi gruppi di cacciatori e raccoglitori, provenienti dalle savane del Sahara. Anche se il Nilo era ancora un fiume dal corso povero e con portata solo stagionale, la valle offrì loro i mezzi per la sopravvivenza. Il ritrovamento di utensili in pietra e di resti alimentari attesta che numerosi piccoli gruppi si adattarono allora alle particolari condizioni di vita offerte da quelle zone. Anziché attraversare vaste regioni, questi primi abitanti si spostavano tra diversi insediamenti stagionali situati a distanze relativamente ridotte, sfruttando le risorse naturali offerte dall'ambiente nelle diverse stagioni dell'anno. Accanto alla caccia e alla raccolta dei prodotti naturali, nell'economia di tali gruppi giocava un ruolo chiave anche la pesca.
Sviluppi di ampia portata emersero proprio all'interno di questo contesto. Gli utensili ritrovati, in maggioranza piccole lame e schegge geometriche, non sembrano a un primo sguardo particolarmente significativi. In realtà, essi venivano utilizzati come lame per utensili compositi, come coltelli, frecce, giavellotti, ami e arpioni; testimoniano quindi un elevato grado di sviluppo tecnico. Dai resti alimentari si evince peraltro che già allora si usava essiccare e conservare i cibi — probabilmente pesce — per superare i mesi in cui le derrate erano più scarse. Era stato compiuto il primo passo verso un'economia di previdenza e di immagazzinamento delle eccedenze. Il numero crescente dei ritrovamenti, a mano a mano che si procede nel Paleolitico, testimonia infine che le condizioni di vita semisedentarie favorirono un incremento demografico.