Boicottaggio degli artisti americani e internazionali alla politica dello stato di Israele: Dustin Hoffman boicotta il Festival del cinema di Gerusalemme. Il rifiuto è arrivato dopo il raid contro la flottiglia della pace. Dopo di lui rinuncia anche Meg Ryan.

GERUSALEMME - Una volta, ad una partita di baseball, una donna vide Dustin Hoffman che non portava né il cappello degli Yankees né quello dei Red Sox e gli chiese: «Sei neutrale?». Lui rispose: «No, sono ebreo». Lo ha raccontato l’attore in un’intervista tempo fa. Nella crisi attuale tra Israele e la Turchia, Hoffman ha scelto di stare alla larga dallo Stato ebraico. Non ha spiegato perché. L’aveva invitato il festival del cinema di Gerusalemme, evento di due settimane che inizia l'8 luglio . «Eravamo vicinissimi a giungere ad un accordo con lui», ha raccontato al quotidiano Jerusalem Post uno degli organizzatori, Yigal Molad Hayo. «Poi c’è stata la questione della flottiglia e la corrispondenza s’è interrotta». Molad Hayo è certo che la ragione sia il raid israeliano del 31 maggio contro le navi dirette a Gaza per spezzare l’embargo, nel quale sono stati uccisi 9 turchi.

IMPEGNI E COSCIENZA - Anche l’attrice Meg Ryan, che aveva dato il suo assenso, ci ha ripensato. «Il giorno dopo l’incidente della flottiglia, abbiamo ricevuto un’email che diceva che non sarebbe venuta perché ha troppi impegni, ma è chiaro che la decisione ha a che fare con ciò che è accaduto». Già prima del raid, artisti come Carlos Santana ed Elvis Costello hanno boicottato Israele, l’uno senza spiegazioni, l’altro perché la sua “coscienza” gli impediva di esibirsi a Tel Aviv. Dopo il raid, i Pixies, i Gorillaz, i Klaxons hanno annullato i concerti deludendo i fan e ispirando gli opinionisti di destra israeliani a coniare il termine “terrorismo culturale”.

BOICOTTAGGIO ARTISTICO - Molti cantanti in realtà si sono esibiti - Rihanna, i Placebo, Elton John… - ma i gruppi pro-palestinesi sono in azione su internet per spingere altre star al boicottaggio. Azioni che alcuni intellettuali israeliani critici del governo ritengono controprodocenti. «Non sono certo che il premier Netanyahu o il ministro degli Esteri Lieberman siano turbati se viene cancellato un concerto dei Pixies – ha scritto Uri Misgav su Yedioth Ahronoth -. Così si indebolisce e si deprime soltanto il già provato campo della sinistra». «È triste - ha detto Molad Hayo, spiegando che il festival di Gerusalemme punta alla coesistenza tra registi israeliani e palestinesi - perché è ovvio che lo Stato di Israele conta più di noi».

Viviana Mazza - Corriere della Sera 8/7/2010