I pacifisti ad Assisi. Monsignor Bettazzi: non vorrei che Gerusalemme superasse i nazisti. Il presidente delle Acli: basta con i piccoli passi, a Gaza serve un negoziato globale. D'Alema: An filo-israeliana perché ex fascista.
articolo di MARCO POLITI - Repubblica
ASSISI - Massimo D'Alema tira fuori il telefonino e mostra il display: "E io sarei il filo-terrorista? Ecco i miei amici" ed appare il numero di Abu Mazen. Poi sale sul palco e dichiara che nell'Italia ufficiale "cinica e ignorante" bisogna essere grati alla Chiesa cattolica per aver dato voce al sentimento degli italiani.
"Questo è l'unico paese - dice tagliente - dov'è in corso una feroce campagna giustificazionista della guerra e dei suoi eccessi". Ad Assisi, all'auditorium della Cittadella è convenuto l'arcipelago della pace, associazionismo cattolico in testa, ma non solo. Una marea di sigle. Tavola della Pace, Acli, Agesci, Arci, Coordinamento degli enti locali, Cisl, Pax Christi, Cgil, Libera e moltissime ancora. Il palco è trasformato in un ammasso di rovine come Gaza. Macerie da cui spuntano un triciclo, sedie sventrate, una bambola, copertoni, vestiti sparsi, tubi, scaldabagni e un attaccapanni che nella desolazione appare incongruo.
Su uno schermo appaiono immagini di devastazione, che gli italiani non hanno mai visto. Beppe Giulietti, che è giornalista prima che parlamentare Idv, sussurra: "Le nostre Tv non prendono tutte le immagini del circuito televisivo internazionale, si censura". Al microfono D'Alema ricorda che ogni morto rischia di produrre un kamikaze e che per combattere il fondamentalismo di Hamas si deve negoziare la pace sul serio.
"Il vero dramma - e qui l'ex ministro degli esteri alza la voce - è che né Israele né la comunità internazionale hanno mai dato un risultato concreto alla leadership palestinese più pacifista e non violenta della storia: Abu Mazen". E la soluzione la sanno tutti: un'Israele sicura nei confini del 1967 e uno stato palestinese con la sua parte di Gerusalemme.
Tornato in platea, D'Alema accenna ai suoi accusatori di destra: "Usano il rapporto con Israele per come testimonianza del loro aver cambiato pelle, perché vengono da una tradizione fascista ed antisemita. Mio padre, invece, combatteva contro il fascismo per difendere gli ebrei". L'obiettivo dell'assemblea è racchiuso in un grande striscione: "Israeliani e Palestinesi. Stessa dignità, stessi diritti, stessa sicurezza".
L'appello di convocazione condanna i missili di Hamas contro Israele, ma ribadisce "niente può giustificare un bagno di sangue: nessuna teoria dell'autodifesa". Dice Andrea Olivero, presidente delle Acli: "Basta con i piccoli passi, è l'ora di un vero negoziato globale". E' l'opinione anche di Flavio Lotti, coordinatore della Tavola per la Pace: "Ci vuole una Terza Forza che sappia imporre la mediazione. L'Onu e l'Europa garantiscano la sicurezza di Israeliani e Palestinesi. E Gerusalemme, città di pace, diventi la sede delle Nazioni Unite". In platea incontro il vescovo Bettazzi, già presidente di Pax Christi: "Sono qui per amicizia verso Israele, è un momento triste - confida - questa rappresaglia è orribile".
Poi va al microfono, la croce d'argento che sbuca dal cappotto nero, ed esclama: "Oggi è la giornata ebraico-cristiana. Agli amici d'Israele vorrei dire: siate coerenti con la Bibbia, quando invita a rispettare gli altri, gli estranei, "perché siete stati oppressi in Egitto". Non vorrei che un giorno si dica che sono stati superati i nazisti, che per uno dei loro ne uccidevano dieci, e tu ne uccidi cento!". Moni Ovadia accusa di cecità chi a Gerusalemme "per le elezioni mette in gioco centinaia di migliaia di vite", mentre Fausto Bertinotti rammenta i pretesti che Israele ha sempre trovato per non negoziare: o i palestinesi erano falchi o troppo deboli.
Interviene anche un rappresentante dell'Associazione di amicizia Italia-Israele di Perugia, che (tra qualche fischio zittito dalla folla) chiede due stati per i due popoli, ma esorta a capire l'angoscia di Israele circondata da nazioni nemiche. In corteo i cinquemila covenuti sfilano infine per Assisi fino alla basilica di San Francesco. C'è stato un naufragio della politica, ammonisce il vescovo mons. Sorrentino, ma le "logiche fanatiche e provocatorie del terrore e la reazione sproporzionata del potere delle armi" portano solo all'abisso. Si torni al tavolo del dialogo. Padre Coli, custode del Sacro Convento, recita la preghiera di Francesco: "Dove c'è offesa, fà che io porti amore".
MARCO POLITI - Repubblica