Il libro dei Morti costituisce l’ultimo stadio nella evoluzione dei testi magico-religiosi tendenti ad assicurare al defunto la necessaria protezione contro le forze malefiche operanti nell’oltretomba. Le singole sezioni di cui si compone il testo vennero chiamate « Capitoli » dai primi traduttori, mentre lo specifico termine originale è « Formula », rappresentato in geroglifico dalla bocca umana indicando con ciò che il testo doveva essere effettivamente letto.
A ciò provvedeva il « sacerdote-lettore », mentre accompagnava il defunto alla tomba. La tradizione mitica ne riferisce l’origine a Thoth, patrono delle scienze. Tuttavia esso non è opera di un solo compilatore né frutto di una determinata epoca.
Preceduto dai Testi delle Piramidi e da quelli dei sarcofaghi, il Libro dei Morti arricchito di ulteriori formule, caratterizza il Nuovo Impero e la Bassa Epoca, trascritto su papiri.
Inframmezzate alle formule magiche emergono a tratti norme morali: « Detti da mangiare all’affamato, da bere all’assetato, vestii l’ignudo e traghettai chi era privo di barca... » Il capitolo cxxv contiene la famosa « Dichiarazione d’innocenza » che il defunto era tenuto a compiere nel corso della « psicostasia » e che costituisce una importante documentazione sull’etica dell’antico Egitto. La prima « recensione » è detta tebana mentre la fase terminale nella vita del testo è data dalla « recensione » saitica.
Luna: vedi KHONSU, CINOCEFALI, THOTH.