La vita oltre la morte ai tempi di Sety I - Un centinaio di oggetti provenienti dalle maggiori collezioni egiziane d’Italia e la ricostruzione parziale di una delle sepolture faraoniche più grandi della Valle dei Re sono il cuore pulsante della mostra “Tutte le anime della mummia. La vita oltre la morte ai tempi di Sety I”, promossa da Museo Civico Archeologico di Chianciano e Museo Civico Archeologico di Bologna in collaborazione con il Museo Egizio di Firenze e i Musei Vaticani grazie al contributo di Fondazione Monte dei Paschi di Siena attraverso Vernice Progetti Culturali.

Lo scopo dell’esposizione, che apre al pubblico dal 20 giugno 2009 al 6 gennaio 2010 presso il Museo Civico Archeologico di Chianciano (Siena), è quello di illustrare il rituale funerario egiziano in età ramesside, mettendo a confronto lo straordinario contesto sepolcrale del faraone Sety I (Nuovo Regno: XIX dinastia, 1290-1279 a.C.), dal quale provengono una quarantina di statuette e un rilievo riuniti per la prima volta a Chianciano, con un ideale corredo funerario di privato della stessa epoca. Oltre al corpo e alla mummia, i raffinati oggetti esposti in mostra raccontano quali “elementi incorporei” costituiscono la persona, e cioè quante sono le “anime” di un egiziano, da proteggere con cura nella tomba perché il defunto abbia una vita eterna dopo la morte. Due eleganti vasi canopi in terracotta, uno etrusco e uno egiziano, ideali “case dell’anima”, introducono alla prima sezione espositiva, dedicata a ciò che gli Egiziani valutano indispensabile alla vita oltre la morte. Ogni egiziano deve garantire immortalità agli “elementi” che lo costituiscono: corpo, cuore, ombra, nome, Ka, Ba e Akh. La mostra dedica a ognuno di questi “elementi” una sottosezione, ricca degli oggetti del corredo funerario che hanno la funzione magica di proteggerli. Il primo tema trattato è la conservazione del corpo (khat) del defunto attraverso la mummificazione che illustrano bene una mummia donata a Bologna da Papa Lambertini, Benedetto XIV, il sarcofago della defunta Nebtaui e quattro vasi canopi con coperchi che raffigurano le teste dei figli di Horo, la testa umana di Amset, la testa di cinocefalo di Hapi, la testa di canide di Duamutef e la testa di falco. L’elemento centrale dell’individuo, sia da un punto di vista fisico che emotivo, è il cuore (ib). Sede dell’intelletto, della memoria e della sfera morale, il cuore è lasciato nel torace del defunto durante l’imbalsamazione e protetto da formule del Libro dei Morti, da amuleti, da scarabei, da pettorali, numerosi in mostra. L’ombra (shut), che gli Egiziani considerano il doppio immateriale di ogni forma e raffigurano di rado, è il collegamento ideale tra il corpoe gli elementi incorporei dell’individuo. Il primo di questi, il nome (ren), nasce con la persona e l’accompagna oltre la morte. La trasmissione del nome, inciso o dipinto alle pareti della tomba, su sarcofago, vasi canopi, statua e statuette ushabti e molti degli oggetti del corredo funerario in mostra, è condizione fondamentale per manifestare la sopravvivenza eterna del defunto, distinguendolo da chiunque altro. Il Ba è l’elemento spirituale che corrispondente alla “personalità” dell’individuo. Ha forma di uccello a testa umana, dotato talvolta di mani e di braccia. Pur essendo un’entità spirituale, il Ba mangia, beve, parla e si muove come è ben raffigurato sulla Stele della suonatrice di Amon Takhae di Firenze in mostra. La sua possibilità di librarsi in volo, spostandosi liberamente tra il mondo dell’oltretomba e dei vivi, soddisfa il desiderio di ogni morto di ritornare alla luce del giorno. Il Ka, la forza vitale, il doppio dell’individuo, che il dio vasaio Khnum modella sul suo tornio assieme al corpo, ha bisogno di “ogni cosa pura, bella e viva”, così come della mummia e della statua da abitare dopo la morte. La stragrande maggioranza degli oggetti inseriti nel corredo funerario sono destinati al Ka e, tra quelli in mostra, la statua dei coniugi Merimaat e Nefertari, cibi e bevande nei propri contenitori, elementi d’arredo o di uso domestico come il poggiatesta, abiti, monili e altro ancora. L’Akh, raffigurato tramite il geroglifico dell’ibis crestato e qui visibile su un amuleto del cuore, indica uno stato di esistenza spirituale, che l’individuo può raggiungere dopo la morte. Il defunto si trasfigura in Akh solo dopo avere ricevuto i rituali e le offerte funerarie adeguati oltre ad avere superato con successo tutte le prove e i pericoli del viaggio nell’aldilà. Svolgono un ruolo imprescindibile ai fini di questa trasfigurazione i testi funerari, che gli Egiziani definiscono sakhu, vale a dire “ciò che rende (una persona) akh”. Se il defunto non raggiunge lo stato di Akh a causa di una pessima condotta di vita terrena, lo attende una seconda e definitiva morte, preceduta da atroci pene e sofferenze. La prima sezione espositiva si chiude quindi con uno di questi testi funerari, il Libro dei Morti, che nasce durante il Nuovo Regno e rimane in uso fino all’Epoca Romana. Le sue formule magiche, dettate secondo gli Egiziani dal dio della scienza e della scrittura Thot, devono proteggere il defunto da ogni tipo di pericolo. Alcuni oggetti esposti riportano i capitoli più noti del Libro dei Morti: il 30B inciso sullo scarabeo del cuore, il 6 iscritto sul corpo delle statuette ushabti, il capitolo 125 dedicato alla Psicostasia o pesatura del cuore/anima, dipinto su un papiro di Firenze. Il viaggio nella seconda sezione della mostra si svolge all’interno della tomba del faraone Sety I (King Valley 17). La cosiddetta Tomba Belzoni, dal nome del suo scopritore, deve la sua notorietà alle dimensioni eccezionali, alla pianta articolata, alla raffinata tecnica di esecuzione e alla innovativa scelta tematica delle scene scolpite a basso-rilievo e dipinte con grande ricchezza di colori su quasi tutte le sue pareti interne. Quando il padovano Giovanni Battista Belzoni vi entra nell’ottobre del 1817, capisce subito l’importanza della scoperta e, assieme al medico toscano Alessandro Ricci, decide di riprodurre le raffigurazioni parietali tramite disegni, acquerelli e calchi in cera. Questi disegni, ora conservati presso il City Museum and Art Gallery di Bristol, sono serviti per ricostruire in mostra i due ambienti più importanti della sepoltura, la camera a pilastri e l’adiacente stanza del sarcofago, che ospitano numerosi oggetti rinvenuti da Belzoni -quarantatre statuette funerarie in faïence, legno e pietra, conservate abitualmente a Bologna, Firenze e Città del Vaticano- e alcuni altri reperti recuperati in anni successivi sempre nella tomba o negli immediati dintorni -il rilievo con la dea Maat e il grande ostrakon con il ritratto di Sety I di Firenze-. La ricostruzione di queste due camere, che conclude l’itinerario espositivo, offre l’opportunità di rivivere le atmosfere ottocentesche della scoperta della tomba Belzoni, di vedere riunita una parte del suo corredo funerario con l’aggiunta di una statuetta raffigurante di Sety I e di quattro scarabei a suo nome e di immaginare gli interni di una sepoltura straordinaria chiusa ormai da tempo al grande pubblico. La mostra, a cura di Daniela Picchi, si arricchisce di alcuni eventi collaterali destinati a pubblici differenziati per età e interessi.

A partire dal 4 luglio, sempre a Chianciano, si terrà un ciclo di conferenze divulgative con noti esperti di settore. Il primo appuntamento è con lo scenografo Mauro Tinti che interverrà su “Giovan Battista Belzoni. Un Indiana Jones alla riscoperta della tomba di Sety I”. Domenica 19 luglio sarà Daniela Picchi, Conservatore della Collezione egiziana del Museo Civico Archeologico di Bologna e curatrice della mostra, ad intervenire su “Sety I e dintorni. La collezione egiziana del Museo Civico Archeologico di Bologna”. Sabato 1 agosto avrà luogo l’incontro con Maria Cristina Guidotti, Direttrice Museo Egizio di Firenze con una relazione dal titolo “Dalla Valle dei Re al Museo Egizio di Firenze: storie di viaggiatori, studiosi e archeologi”.

Domenica 22 agosto sarà Daniela Picchi, Conservatore della Collezione egiziana del Museo Civico Archeologico di Bologna e curatrice della mostra ad introdurci al tema “Ogni cosa buona, pura e ... cibi e delizie sulle sponde del Nilo”, a cui seguirà un buffet a base di birra e pietanze alla maniera egiziana a cura di Claudio Cavallotti, esperto della cucina antica. Sabato 5 settembre Francesco Tiradritti, Direttore della missione di scavo Harwa interverrà su “Tutti i colori di Tebe Ovest. Pittura e pittori al tempo dei faraoni conquistatori”, mentre sabato 3 ottobre sarà Alessia Amenta, Responsabile del Reparto di Antichità Orientali dei Musei Vaticani a illustrare “L’Egitto alla corte dei papi: nascita della collezione vaticana”.

Si conclude con sabato 17 ottobre, il giornalista e scrittore Marco Zatterin interverrà sul tema “Il gigante del Nilo: Giovanni Battista Belzoni”. Per i più piccini è indetto un concorso a premi dal titolo “Tutte le anime della Mummia. La vita oltre la morte ai tempi dei faraoni” che prevede la premiazione del disegno o del modellino più creativo ispirato al rituale funerario antico egiziano con un week-end soggiorno a Bologna per la famiglia e visita alla collezione egiziana del Museo Civico Archeologico in compagnia della curatrice mostra. Un convegno scientifico dal titolo “L’egitto in Età Ramesside”, che si terrà a Chianciano nel prossimo dicembre, prevede la partecipazione dei principali studiosi italiani di Egittologia. Ufficio Stampa Agenzia Freelance per Vernice Progetti Culturali