Soltanto uno stato ben coordinato poteva permettersi di mobilitare le risorse necessarie a portare avanti un progetto tanto ambizioso. Infatti la costruzione di una piramide richiedeva non soltanto l’opera di architetti, sovrintendenti, contabili, muratori e di un gran numero di operai, ma anche di una nutrita schiera di persone che garantissero tutta una serie di servizi indispensabili.
La manodopera aveva ovviamente bisogno di vitto e alloggio, oltre che di abiti e utensili, e per giunta per un tempo notevolmente lungo. Per di più la costruzione doveva essere completata il più in fretta possibile, dal momento che nessuno poteva sapere quando il faraone sarebbe morto. Sebbene l’Egitto disponga di cave ben fornite, costruire in pietra si sarebbe sempre rivelata una scelta costosa lunga e poco agevole. Il che spiega tra l’altro perché, a mano a mano che gli antichi templi e le tombe cadevano in disuso e in rovina, i faraoni non si facessero scrupolo di derubare i siti dei loro antenati per riutilizzarne i preziosi blocchi di pietra nella costruzione dei propri monumenti.
E purtroppo questo tipo di saccheggio è continuato praticamente fino ai nostri giorni. Il risultato è che, sebbene la struttura della piramide sia sopravvissuta praticamente intatta, il suo prezioso rivestimento di pietra bianca e la maggior parte degli edifici secondari, sono scomparsi già nell’antichità. Oggi i visitatori di Saqqara si trovano di fronte ricostruzioni moderne. Per fortuna, i monumenti egiziani sono attualmente sotto la protezione del Dipartimento delle Antichità e rubare nelle aree archeologiche è considerato un grave crimine. Il progetto innovativo della tomba di Zoser faceva sì che gli operai e gli architetti egiziani, abituati da sempre a servirsi di mattoni di fango, piccoli, leggeri e poco costosi, si trovassero ora alle prese con la necessità di maneggiare, trasportare e sollevare preziosi blocchi di pietra. E se molti di questi blocchi avevano semplicemente le dimensioni dei mattoni di fango, alcuni arrivavano anche a pesare una tonnellata o più.
Anche per i muratori si trattava di una sfida; la loro esperienza nello sbozzare la pietra non era così facilmente applicabile alla costruzione delle piramidi: i muratori che lavoravano nelle necropoli erano abili nello scavare i condotti e le camere funerarie sotto le mastabe, e magari nello scolpire gli elementi in pietra utilizzati nelle sepolture di Abydos, nient’altro. Infine, è pur vero che strumenti di selce venivano usati da secoli e che gli artigiani erano esperti nell’arte di modellare oggetti di pietra, vasellame, tavolette e impugnature di mazze, destinati a usi domestici o cerimoniali, ma si trattava di manufatti di dimensioni ben diverse. Ora, gli operai di Zoser usavano calcare locale tagliato alla meglio per la parte interna della piramide; pregiato calcare di Tura, trasportato dall’altra sponda del fiume, per il rivestimento esterno che doveva brillare e scintillare al sole; e granito rosa, fatto arrivare dalla lontana Aswan, per rivestire le pareti della camera funeraria. Così come la mastaba è stata un’evoluzione della semplice fossa in cui deporre il cadavere, la piramide a gradoni di Imhotep si è sviluppata a partire da una base simile a quella della mastaba. La rimozione, avvenuta nell’antichità, del rivestimento esterno ci consente infatti di vedere come la costruzione sia stata realizzata seguendo una serie di fasi ben definite.
Sembra che si sia trattato di una strategia deliberata, il cui scopo era fare in modo che il monumento non fosse mai troppo lontano dall’essere completato — una precauzione importante avendo a che fare con la costruzione di una tomba. In un primo momento, Imhotep iniziò pertanto con l’erigere una struttura quadrata, solida e massiccia, simile a una mastaba, con gli angoli orientati secondo i quattro punti cardinali (oppure il corso del Nilo e il sorgere e il tramontare del Sole), interamente rivestita di calcare di Tura. Questa costruzione venne quindi ampliata in modo da formare una mastaba a due gradoni, anch’essa rivestita di calcare bianco. Un terzo ampliamento sul lato orientale trasformò poi la mastaba in una struttura rettangolare di tipo più convenzionale, che con un’ulteriore, ma modesta, estensione divenne la base di una piramide a quattro gradoni. Da ultimo la base fu ampliata ulteriormente e ne derivò una piramide a sei gradoni. Una volta terminata, la piramide avrebbe raggiunto i 60 metri di altezza e avrebbe avuto un volume di 330.400 metri cubi costituito da pietre, detriti e materiale di riempimento. La camera funeraria di Zoser, (Djoser) interamente rivestita di granito, si trovava al di sotto della sua piramide, nel cuore di un labirinto di corridoi e camere adibite a ripostigli che riflettono una volta di più i successivi ampliamenti della pianta originale. Attualmente questa complessa struttura sotterranea è ulteriormente complicata da condotti e gallerie scavate da intrepidi tombaroli. Nella camera funeraria, piuttosto stretta, e costruita all’estremità di un pozzo ampio e profondo, si entrava soltanto attraverso un ampio buco che si apriva sul soffitto. Una volta avvenuta la cerimonia funebre, l’apertura veniva chiusa da una massiccia copertura di granito, del peso di tre tonnellate e più, che di fatto sigillava la camera.
Dopodiché il condotto di accesso veniva riempito di macerie che dovevano servire a proteggere il tutto da eventuali ladri. Zoser regnò per almeno diciannove anni, ma questa struttura sotterranea non fu mai completata e sembra proprio che il faraone sia morto prima che fosse ultimata la fase finale della sua tomba. La piramide a gradoni era dotata di dépendance, una serie di edifici di servizio e di cortili, mentre l’intero complesso di forma quadrangolare era circondato da un massiccio muro di pietra a pannelli rientranti; l’accesso era invece consentito da un unico portale di pietra. Tutti questi edifici di servizio confermano una volta per tutte quanto fosse articolata la teologia funeraria già al tempo dell’Antico Regno. Dal momento che il complesso doveva servire da centro di culto in cui il defunto faraone veniva venerato per l’eternità, molti edifici erano legati ai rituali della morte. Alcuni, tra cui il tempio funerario vero e proprio, dove venivano deposte le offerte quotidiane, non lasciano dubbi circa l’uso cui venivano destinati; per altri l’impiego non è altrettanto chiaro: ad esempio troviamo una serie di “falsi” edifici fatti interamente di detriti in cui ovviamente i vivi non potevano entrare, ma che potevano essere considerati accessibili al defunto.
C’era anche una seconda tomba, la “Tomba Meridionale”, costruita con tanto di camere sotterranee, che probabilmente doveva essere utilizzata dallo spirito del defunto faraone. Comunque, visto e considerato che la tomba doveva servire da dimora del defunto, l’equivalente diretto del palazzo reale in cui il faraone alloggiava quando era ancora in vita, gran parte dell’architettura della piramide faceva riferimento ai rituali della regalità.
In uno stretto cortile, fiancheggiato da quel genere di “falsi” edifici a cui si è appena accennato, troviamo un’alta piattaforma su cui, durante le celebrazioni del suo giubileo o festa sed, sarebbe apparso il sovrano seduto in tutta la sua potenza sul doppio trono dell’Alto e Basso Egitto. Un altro spazio aperto decisamente più grande, il Cortile Meridionale, conteneva una piattaforma cerimoniale o altare e un paio di cumuli di pietra di forma circolare. Questi cumuli sarebbero stati utilizzati per rappresentare i confini territoriali quando il faraone avrebbe eseguito la corsa rituale durante le celebrazioni della sua festa sed — una corsa che, almeno in teoria, doveva dimostrare agli dei e agli uomini che il faraone era forte e vigoroso, perfettamente in grado di continuare a regnare.
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