Metti assieme tre menti geniali, che concordano tutte su un'unica grande idea, e ottieni un capolavoro. Una di quelle opere che farà parlare di sé per molto tempo. Questo è il Neues Museum di Berlino inaugurato solennemente venerdì scorso. Persino chi nei mesi passati ha commentato negativamente il progetto architettonico di David Chipperfield, ha addolcito i toni ora che l'idea si è rivelata in tutta la sua complessità.
Ora che l'allestimento di Michele De Lucchi e la competenza sull'arte egizia di Dietrich Wildung (ex curatore – da oggi in pensione – di una parte del museo, ma la più innovativa) hanno rivelato con quanta ricercata perizia si sia reso percepibile, palpabile quasi, il senso della continuità nella storia che trascende i confini tradizionali tra epoche e culture. Continuità tra l'edificio novecentesco, la guerra che nel 1944 l'ha ridotto in rovina, la nuova architettura che si è filologicamente inserita sull'antico. Continuità tra la rovina e la ripristinata funzionalità. Tra le antiche decorazioni delle sale (quelle sopravvissute) e le modernissime vetrine che sempre le rispettano. Tra le decorazioni pomposamente rievocanti l'antico e i capolavori dell'Egitto, di Roma, della preistoria e protostoria europee che si sono riadattati ai luoghi pensati per loro oltre 150 anni fa. Ma con spirito nuovo. Spiazzante, a volte, persino per noi moderni.
Continuità, al Neues Museum, significa ad esempio mostrare l'arte egizia non nel suo sviluppo cronologico ma per tipologie. Perché solo vedendo accostate immagini simili di epoche diverse – stanti, sedute, a cubo, i ritratti –, si percepisce immediatamente che non sono tutte uguali, ma che il rigoroso rispetto della forma tradizionale non ha ostacolato un'evoluzione stilistica sorprendente. E il visitatore si scopre inconsciamente intento a osservare i particolari, a scoprire curiosità, a fare confronti. Ammira davvero l'arte per sé e non solo per quel che significa. Anche perché è arte che "respira", ha attorno a sé la sua zona di rispetto, la sua "aura" delimitata da cornici di leggerissimo metallo. Invenzione di Wildung che De Lucchi ha fatto propria e reinterpretato in varie forme. Con lastre di vetro a protezione dei rilievi, che una luce perfetta fa quasi erompere dal marmo in tre dimensioni. Con vetrine che circondano d'aura anche gli oggetti di uso comune. Con pannelli in vetro satinato nella sala dei ritratti di Amarna, sospesa sopra il "cortile egizio" che pare volare. Vola sopra gli affreschi ottocenteschi e i rilievi antichi che al primo piano dipingono i paesaggi d'Egitto. E vola sopra l'oltretomba del piano ancor più in basso popolato di sarcofagi egizi ma anche preistorici, di Roma pagana, Bisanzio cristiana. Tutti assieme a narrare la vita oltre la morte nelle sue molte forme. Mentre nel "cortile greco" del palazzo rilievi egizi e assiri, statue romane e il Berlin Circle di Richard Long mostrano le costanti battaglie dell'uomo per imporre l'ordine sul disordine del mondo. E la sala sotterranea attigua pare quasi una via processionale fiancheggiata da immagini di divinità di ogni tempo e luogo.
Così per la prima volta, al piano più basso del Neues Museum, vediamo realizzata una parte di quella "passeggiata archeologica" che, tra cortili e passaggi sotterranei, nel 2015 unirà tra loro i quattro grandi musei archeologici della Museum Insel berlinese. Vediamo materializzata l'idea davvero grande e importante che ha ispirato tutte le ristrutturazioni in atto sull'isola. L'idea che l'isola sia un centro dove entrare a contatto col mondo dell'antichità nel suo complesso. Il mondo delle nostre origini e dunque il luogo temporale ideale per cercare risposte ai grandi interrogativi dell'umanità. A domande su chi siamo e da dove veniamo, sulla religione e l'idea della morte, sul senso del tempo e la ricerca di ordine, l'immagine dell'uomo e la comunicazione tra uomini, l'arte, l'astrazione, la memoria collettiva. Domande capaci di toccare le corde di tutti. Genuinamente popolari. Domande che al giorno d'oggi vengono affrontate dalle scienze sociali, dalla psicologia o la filosofia. Mentre anche la storia e l'arte possono far sentire la propria voce, quando sanno superare la cronologia che impone un solo tipo di ragionamento per indagare percorsi nuovi. Come quelli proposti dall'architettura del Neues Museum, dalle sue sale egizie, dalla passeggiata archeologica. Luoghi pensati per stimolare la riflessione. Per evidenziare le affinità più che le differenze tra le culture. Per inventare mescolanze, sperimentare accostamenti azzardati alla ricerca di comunanze inedite. Per mostrare, in fondo, la nostra intrinseca multiculturalità. Sono la risposta berlinese alla crisi di identità che sta investendo i musei universali. Sicuramente non l'unica, ma una bella risposta. Oggi che l'ammiriamo per la prima volta al Neues Museum, ci cattura più di tutti i suoi tesori anche se magnificamente presentati. Più della Nefertiti (illuminata che mostra sempre più rughe), più dei papiri ora sontuosamente alloggiati nella stanza delle Niobidi, più dei rilievi nubiani da Naga freschi di scavo. E dello strabiliante cappello d'oro degli antichi maghi europei, dell'uomo di Neanderthal di Le Moustier, delle copiose antichità da Cipro. Facciamo eccezione solo per tutto quel che Schliemann portò da Troia, a partire dalle coppe in argento del tesoro di Priamo. Perché, come si sa bene e i pannelli del museo ripetono più volte, «contro le leggi internazionali» il grosso del tesoro sta ancora a Mosca come preda di guerra. Degli ori, Berlino espone eloquenti copie.
di Cinzia Dal Maso - 17 ottobre 2009 - http://www.ilsole24ore.com