L'Università di Manchester è l'unico posto al mondo dove esiste una laurea in «studio delle mummie» e la professoressa Rosalie David, prima professoressa di egittologia nella storia della Gran Bretagna, è la sacerdotessa dell'Ateneo. Una celebrità nel suo campo, tanto che nel 2002 le hanno consegnato una specie di Oscar della professione chiamato «Obe» (Order of the British Empire) e la Regina ha preteso di consegnarle la medaglia a Buckingham Palace.
In ogni caso la David, assieme a un gruppo di ricercatori inglesi e americani, si è presa la briga di analizzare i tessuti di 1700 mummie provenienti dall'Egitto e dal Sud America e ha cercato di farsi un'idea più precisa del tipo di malattie che circolavano 3 mila anni fa. Alla fine dello studio si è accorta che la scoperta più importante non era legata alle patologie esistenti, piuttosto a quelle inesistenti, o comunque talmente rare da non essere statisticamente significative. Su tutte il tumore. «Nelle società industruali il cancro è la seconda causa di decesso dopo le malattie cardiovascolari e 3 mila anni fa era praticamente inesistente, questo ci aiuta a capire la storia della malattia». Nei campioni rilevati solo cinque avevano un tumore. E in quattro casi era benigno. Morale? «Mi viene da dire che si tratti di una malattia prodotta dall'uomo, magari a causa dell'inquinamento, delle diete o dello stile di vita, comunque un riflesso della della vita moderna».
Lo studio è stato pubblicato dalla rivista «Nature Review Cancer» e la dottoressa Rachel Thompson, lunimare del World Cancer Research Found, l'ha definita: «Decisamente interessante. D'altra parte gli scienziati sono concordi sul fatto che una dieta regolare, unita a una attività fisica che consenta di mantenere un peso standard, riduce di un terzo il rischio dei tumori più comuni». Lo stile di vita, allora, violentato poco dopo la metà del Settecento dalla rivoluzione industriale. Tremila anni fa gli egiziani si occupavano di agricoltura, artigianato e grandi opere, vivevano in case spartane con sedie ripiegabili e senza schienale da destinare agli ospiti e mangiavano per terra. La dieta era fatta di cipolle, datteri e pesci di fiume. I più poveri bevevano birra, i più ricchi vino. Vita semplice, ma non senza problemi. Il ricorso alla farmacia era sviluppato ed esistevano oltre 2 mila rimedi contro le malattie. Cefalee, gobba, tubercolosi, lebbra, poliomelite e obesità le più frequenti. I pericoli arrivavano dall'acqua infetta e dalla sabbia che se inalata causava guai respiratori, se masticata assieme agli alimenti provocava problemi alle gengive. La vita era più corta, 25 anni per le classi meno abbienti, 50 per i signori.
«Ma immaginare che la durata dell'esistenza condizionasse lo sviluppo delle malattie non è corretto. Gli egiziani avevano anche esistenze abbastanza lunghe, tanto che su molti di loro sono stati trovati i segni di indurimenti alle arterie e artriti», sottolinea Michael Zimmerman, professore della Villanova University che ha eseguito le analisi di una mummia egiziana rinvenuta nell'oasi di Dakleh. «E' la società industriale che cambia radicalmente l'impatto della malattia e il fatto che i tumori alla fine del Settecento colpiscano tanti bambini è un'altra dimostrazione che non c'è nesso tra la diffusione del cancro e la lunghezza della vita». Perfetto. Ma i cinque casi registrati? Zimmerman stacca la sua ultima sentenza. «Il tumore è frutto dell'attività umana e dunque un problema che possiamo affrontare e le tracce del mistero erano nascoste in un sarcofago». Fine del giallo, giura.
La Stampa