Il giovane faraone sembrava destinato al più brillante dei regni. Nessuna ombra aveva offuscato i suoi primi anni di governo, durante i quali apprendeva con grande rapidità il mestiere di re. Nessuna ombra, tranne quella della sua morte. Rimasto solo nella cappella funeraria di Tutankhamon, qualche istante prima che la porta di accesso venga sigillata, Ay rivolge un’ultima preghiera agli dei affinché accolgano tra loro il giovane re. Niente è stato trascurato affinché il «grande passaggio» riesca nel migliore dei modi. Sul cranio della mummia sono raffigurati un ureo di perle e gli animali simbolici della sua doppia regalità, l’avvoltoio del Sud e il cobra del Nord.
Così, al regno di Tutankhamon sarà assicurata la prosecuzione nell’aldilà. Nella camera funeraria sono stati collocati tre sarcofagi uno dentro l’altro: i primi due sono di legno dorato, il terzo è d’oro massiccio, e gode della protezione magica delle ali intrecciate delle dee Iside e Nefti. In tal modo sono garantite alla mummia quelle mutazioni energetiche che trasformeranno, nel silenzio e nel segreto della tomba, il corpo mortale del re in un corpo di luce. Quasi centocinquanta amuleti in oro sono stati disposti in particolari punti della mummia nei quali circolerà il flusso della sua vita trasfigurata.
Il vero viso di Tutankhamon non è più quello di carne, fatalmente condannato a degradarsi nonostante l’opera degli imbalsamatori, ma la maschera d’oro, modellata da Ptah in persona, in cui è racchiusa la luce del sole. Il corpo del faraone resuscitato diventa oro celeste, luce. Il suo occhio destro diventa la barca del giorno e il suo occhio sinistro la barca della notte.
Ay esce dalla tomba a passi lenti. Si assicura che il rituale dell’immortalità sia perennemente celebrato in questa «dimora dell’oro» dai testi geroglifici incisi sui sigilli delle porte che si aprono su una sala attigua: «Il re Tutankhamon ha trascorso la sua vita a creare le immagini degli dei affinché donassero l’incenso, le libagioni e le offerte ogni giorno» a lui che «ha costruito la sua casa come all’inizio».
Sulla soglia del sepolcro, Ay posa una magnifica coppa di alabastro che porta incise sul bordo queste parole: «Che il tuo ka viva! Possa tu, che ami la città di Tebe, passare milioni di anni con il viso rivolto verso il soffio del nord e lo sguardo che contempla la felicità!». Accanto alla coppa di alabastro, Ay depone una ghirlanda di fiori. Essa simboleggia la «corona della giustificazione» che gli dei pongono sul capo dell’essere di luce dopo che ha superato le prove impostegli dal tribunale di Osiride. Tutto è compiuto.
Ay esce dal sepolcro. Non resta che murare la porta, chiuderla con il sigillo reale e dissimularla, per poi tornare verso il mondo dei vivi, sulla riva est, a Karnak dove il nuovo faraone è atteso per ricevere l’investitura in un tempio, il cui terzo pilone testimonia l’eternità di Tutankhamon agli occhi degli iniziati. Infatti, in una delle sue iscrizioni, la figura del giovane re è sostituita dal segno della vita, un geroglifico — ankh — di grandi dimensioni.
Christian Jacq - Vita quotidiana dell'antico Egitto.
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